venerdì 29 febbraio 2008

Storia,denominazione e regolamenti della ndrangheta

Denominazione La "ndrangheta" ha origini antiche, in terra di Calabria, come del resto antico è il suo stesso nome. Secondo alcuni autori che sono i più accreditati, infatti, il termine deriva etimologicamente dalle due parole greche "andropos= uomo e agatos = buono", sicchè sostanzialmente vuol dire associazione di uomini buoni. Del resto questa tesi è confortata dal fatto che anche le altre organizzazioni criminali sono caratterizzate dalla bontà, dalla cavalleria, dal mutuo soccorso, dalla fedeltà e da altri nobili sentimenti, almeno "ab origine ". Per la prima volta si parla di questa associazione come organizzazione criminale, verso la fine del 1800, in un rapporto dei Carabinieri, di stanza nella provincia di Reggio Calabria e precisamente a Seminara. Poi se ne fa menzione anche in un rapporto del Prefetto di Reggio Calabria, dr. Tamajo, al Ministro dell’Interno, sempre nella stessa epoca. Durante la vigenza della nuova camorra organizzata, una parte della ndrangeta, sulla falsariga della "riforma cutoliana" cambiava denominazione in "Santa Violenta". Ciò avveniva sulla base di un verosimile accordo stipulato tra alcuni dei capi della ndrangheta, non meglio individuati, e Raffaele Cutolo, in base al quale le due organizzazioni criminali dovevano fornirsi reciproca assistenza e operare in osmosi per il raggiungimento degli scopi comuni.Excursus Storico - Origini e ragioni della forza della 'Ndrangheta La 'Ndrangheta nasce a metà dell'Ottocento e si afferma nei successivi 50 anni grazie alla scarsa presenza nel territorio delle autorità. Prima come piccoli nuclei di picciotti a Maropati, Gioia Tauro, Sinopoli, Iatrinoli, Radicena, Molochio, Polistena, Melicuccà, San Martino di Taurianova, Palmi, nella Locride a San Luca, Africo, Staiti, Casalnuovo e nella cintura di Reggio Calabria a Fiumara, Villa San Giovanni e nella stessa Reggio Calabria. Poi man mano con organizzazioni sempre più grandi e potenti, la 'Ndrangheta - definita come una "setta che nulla teme" - si impone in tutta la regione. Nel 1897 a Seminara il Maresciallo Michele Mocchetti scopre il primo codice della picciotteria con obblighi e regole, guadagni a seconda del grado.Lo sviluppo economico e militare della 'ndrangheta si realizza con più facilità se lo Stato è assente o poco presente sul territorio. Di tale assenza, o scarsa presenza, l'organizzazione 'ndranghetistica si avvantaggia sotto i punti di vista:· economico: con meno controlli, pattugliamenti, perquisizioni, è sicuramente più facile intraprendere atti e traffici illeciti · politico/militare: diventa anche più semplice stringere la stretta sul territorio, eliminare cosche rivali, piegare ai propri scopi amministratori locali e/o funzionari statali , quindi creare e consolidare una rete di protezione sociale molto forte. · culturale: in parte della comunità allora si può radicare l'idea che la sola forma di controllo del territorio è quella 'ndranghetistica, e quindi è agli 'ndranghetisti che ci si deve rivolgere se si vuole risolvere qualche problema. Quest'ultima idea (se voglio ottenere qualcosa devo parlare con il boss) può portare, sempre in una parte limitata della popolazione, ad un'altra idea, consequenziale: allora lo Stato è nemico, se lo Stato decide di reagire si mette contro i miei interessi, quindi io sto dalla parte della 'ndrangheta.Il Mito e la Leggenda Osso, Mastrosso e Carcagnosso: sono i nomi dei tre cavalieri spagnoli, appartenuti ad una associazione cavalleresca fondata a Toledo nel 1412, che portarono nel Mezzogiorno d’Italia le regole ed i metodi usati dalla Garduna (questo il nome dell’associazione spagnola). Sembra che i tre cavalieri abbiano lavorato per 29 anni nelle "viscere" della terra, precisamente nell’isola della Favignana, sede di un carcere borbonico; alla fine di questo lungo lavoro diffusero le regole sociali di quella che sarebbe divenuta la Mafia in Sicilia, la Camorra in Campania e la ‘Ndrangheta in Calabria. Una leggenda che è servita a creare un mito, a nobilitare le ascendenze, a costituire una sorta di albero genealogico con tanto di antenati.Cos'è - La 'Ndrangheta: la mafia calabrese L’appellativo 'ndrangheta ha molto probabilmente origini grecaniche. La più probabile derivazione del termine 'Ndrangheta è quella dal greco andragathía, traducibile con "virilità", "coraggio", (termine citato con questo significato anche da Tommaso d'Aquino nella sua Summa Theologica) nel senso di "associazione di uomini valenti".Andragathos, infatti, significa uomo valoroso e coraggioso e solo una persona con questi requisiti poteva accedere all'onorata società. Le cosche mafiose calabresi sono ampiamente conosciute con il vocabolo 'ndrina, un'organizzazione locale autonoma, talvolta distinta in maggiore e minore se nello stesso comune ve ne sono due di differente importanza. Anche 'ndrina è di origine grecanica ed indica la persona dalla schiena dritta, che non si piega mai. Un codice, talvolta scritto e spesso tramandato oralmente, regola la gerarchia degli appartenenti. Uno degli statuti sequestrati, delle forze dell’ordine, nel corso di una irruzione compiuta durante un rituale d’affiliazione cosi recita:"L'albero della scienza è diviso in sei parti: il fusto rappresenta il capo di società; il rifusto il contabile e il mastro di giornata; i rami i camorristi di sangue e di sgarro; i ramoscelli i picciotti o puntaioli; i fiori rappresentano i giovani d'onore; le foglie rappresentano la carogne e i traditori della 'ndrangheta che finiscono per marcire ai piedi dell'albero della scienza".L'entrata nella 'ndrina viene chiamata battesimo, non solo per la solennità dell'avvenimento, ma anche perché chi appartiene all'onorata società vi appartiene per sempre; lo 'ndranghetista è infatti un uomo con due battesimi.Organizzazione
Fin dalle sue origini la ‘ndrangheta presenta una organizzazione fondata prevalentemente su base territoriale. Contrariamente a ciò che è avvenuto per gli altri consessi delittuosi, per la ‘ndrangheta – durante varie operazioni di polizia – sono stati rinvenuti e sequestrati numerosi documenti che ne delineano la struttura organizzativa e le norme comportamentali, che sono ancora allo studio degli esperti. Tuttavia unanimi sono i consensi sul fatto che essa non manifesta una struttura unitaria, ma un insieme di associazioni indipendenti l’una dall’altra e aventi competenza su una determinata parte di territorio. Dette associazioni sono denominate cosche e fibbie o ndrine. In seno a una tradizione che alcuni studiosi fanno risalire al secolo scorso, la ‘ndrangheta viene rappresentata allegoricamente da un albero detto "albero della scienza" dove ogni parte del vegetale corrisponde a una parte dell’organizzazione criminale. Così al fusto che rappresenta la parte fondamentale dell’albero corrisponderà il capo cosca o ndrina che è la mente dell’associazione e che impartisce ordini e direttive ai suoi sottoposti sui quali ha potere di vita e di morte. Al rifusto corrisponderà il vice-capo a cui sono affidati i compiti primari di collaborare con il capo e di curare l’amministrazione del patrimonio della società. Ai rami corrisponderanno gli ‘ndranghetisti ormai con svariati anni di attività alle spalle che sono anziani del "mestiere" e che si suddividono sulla base dello specifico settore nel quale operano nelle tre categorie: di sgarro, di sangue, di seta. Si avranno coloro i quali hanno come compito primario quello di riscuotere le tangenti che saranno denominati ‘ndranghetisti di sgarro poiché non accetteranno nessuna replica e dovranno solo pretendere la riscossione del pizzo.Vi saranno - poi - quelli, con funzioni di organizzazione di spedizioni punitive e di gruppi di fuoco nonché della commissione di reati mediante violenza sulle persone e sulle cose, che saranno chiamati ‘ndranghetisti di sangue. Quindi si avranno gli ‘ndranghetisti di seta che saranno coloro ai quali è affidato il delicato compito di condurre trattative, stipulare contratti e avere rapporti con le altre organizzazioni e con l’esterno. Costoro dovranno perciò distinguersi per i modi raffinati e diplomatici, paragonabili, per l’ appunto, al tessuto delicato per antonomasia cioè alla seta. Continuando con le parti dell’albero: ai ramoscelli corrisponderanno coloro i quali sono stati reclutati da poco tempo e, benchè già "picciotti", sono ancora inesperti, deboli, in via di formazione e abbisognevoli di essere seguiti dai più anziani rami. Ai fiori saranno assimilati i giovani d’onore ovvero coloro che aspirano a diventare picciotti. Alle foglie corrispondono gli infami. Infatti coloro che tradiranno l’organizzazione saranno uccisi e quindi faranno la stessa fine delle foglie dell’albero che una volta staccate dai rami non hanno più vita. Alla linfa, invece, sarà assimilata l’omertà. Quest’ultima invero costituisce la vita dell’organizzazione allo stesso modo in cui la prima rappresenta l’alimento fondamentale per il vegetale. Alla base dell’albero viene posta una tomba che rappresenta "l’alloggio" per le foglie ossia per coloro i quali non hanno rispettato il vincolo di omertà imposto dall’associazione.Ricerche recenti hanno consentito di stabilire inoltre che, durante l’alleanza con la nuova camorra organizzata, la ‘ndrangheta -detta anche "santa violenta"- mutuando da quest’ultimo consesso la struttura, era organizzativamente delineata su: un capo santista con compiti di direzione, coordinamento e controllo, poteri decisionali di vita e di morte sui sottoposti, decisioni ultime sugli omicidi eccellenti; un sottocapo santista a destra con funzioni di collaborazione assoluta nei confronti del capo; un mastro di controllo a sinistra con compiti di cura e controllo dell’amministrazione del patrimonio dell’organizzazione; un gruppo armato distaccato in retroguardia, con funzioni di scorta e di esecuzione delle azioni di fuoco e comunque dei reati di violenza.Queste notizie sono state attinte dal codice sequestrato al boss della ‘ndrangheta Giuseppe Chilà rinvenuto nel covo presso il quale lo stesso Chilà, alleato con la nuova camorra organizzata, venne catturato nel 1987.La ‘ndrangheta, dalle risultanze dei documenti, all’epoca era denominata "santa violenta" e mutuava il sistema organizzativo in parte dalla n.c.o..All’inizio degli anni ’90 la ‘ndrangheta era costituita principalmente da due "correnti": una della pianura e una della montagna. Esse avevano un organigramma articolato con molta probabilità nel seguente modo.La prima si estendeva nel territorio di Gioia Tauro, la seconda in quello di Platì. Per entrambe vi erano le cosche, i locali, le ‘ndrine, la società maggiore e la società minore. La società maggiore comprendeva due gradi uno dei capi e dei mastri, l’altro dei fiori o dei doti. Essa era articolata su un "capo locale" e un "capo società" che avevano rispettivamente compiti di direzione e di coordinamento di tutta l’attività delittuosa e di principale collaboratore del capo. Tutti gli appartenenti alla società dovevano rispetto assoluto al capo che a sua volta aveva potere di vita e di morte su ognuno.Vi era poi il "mastro di buon ordine" che era una specie di giudice conciliatore e interveniva ogni qualvolta si presentava all’interno della società un dissidio o una controversia. Il suo compito era per l’appunto quello di far riconciliare i litiganti, senza traumi. Quindi vi era un "amministratore" che curava la contabilità, le entrate e le uscite, i sussidi e il sostentamento alle famiglie dei carcerati. Poi vi era il "mastro di giornata" che si identificava nel capo che a turno aveva il compito di disciplinare l’andamento della società nella giornata, di riferire ai superiori le novità quotidiane e di costituire il punto di riferimento per eventuali difficoltà dei sottoposti. Immediatamente dopo vi era il secondo grado della società che comprendeva i livelli ai quali potevano accedere soltanto i "capi-doti o fiori" e che erano denominati "primi livelli", poi vi erano i cosiddetti "trequartini" che potevano conoscere i tre quarti delle vicende della società. A costoro in sostanza era vietato un accesso completo ai dati sociali ed era a loro permesso di conoscere certe questioni, le più semplici, e non altre più delicate e complesse. Una figura particolare era quella del "vangelista" che aveva il compito di custodire gelosamente il "vangelo" che -come è stato detto- era il codice della ‘ndrangheta e veniva usato nelle cerimonie di iniziazione e di promozione delle quali comprendeva le formule rituali. Questo era un uomo di tutto rispetto e rigorosamente fedele all’organizzazione, anche se non ancora di grado elevato.Vi era quindi il "santista" che aveva il compito di filtrare le richieste di reclutamento e di assumere dettagliate informazioni sulla provenienza e sulla condotta degli aspiranti. Infine vi erano gli "’ndranghetisti di sgarro" e gli "’ngranghetisti semplici". Gli uni rappresentavano il primo anello della struttura operativa ed erano a capo di un gruppo di fuoco che aveva compiti di esecuzioni eccellenti all’interno e all’esterno dell’organizzazione. Gli altri erano al primo gradino della scala gerarchica della società maggiore e avevano svariati e numerosi compiti nell’ambito operativo. Per la "società minore" l’articolazione era più semplice e comprendeva cinque gradini. Tre con funzioni intermedie e due con compiti esecutivi. Vi era il "capo giovane" che impartiva ordini e direttive ai suoi sottoposti e ne riferiva i risultati al mastro di giornata. Era coadiuvato dal "puntaiolo" che aveva funzioni di vice e di guardaspalle anche perchè si era distinto precedentemente per le sue qualità in azioni di fuoco e di violenza. Poi vi era il "picciotto di giornata" che era il membro della società a cui veniva affidato un determinato incarico che doveva portare a termine nell’arco della giornata. Nell’ambito dell’attività esecutiva erano compresi i "picciotti di sgarro" e i "picciotti lisci". I primi erano coloro i quali si erano distinti vincendo una lite con persone che volevano ostacolare la società. I secondi, detti anche "uccelli di primo volo", sono giovani da poco reclutati che cominciano la formazione criminale.ReclutamentoIl reclutamento avviene, come visto per le altre organizzazioni, secondo un rituale prestabilito e più rigido di quelli gia descritti; rituale che viene ripetuto per ogni "promozione" e che ha inizio con il "battesimo", che può avvenire dall’età di 14 anni. Con tale rito l’aspirante entra a far parte della ‘ndrangheta con l’appellativo di "picciotto". Il battesimo, così denominato perché come con il battesimo nella religione cristiana il bimbo entra a far parte della Chiesa, parimenti l’aspirante diventa parte dell’organizzazione criminale, sarà celebrato in un posto isolato – preferibilmente una caverna in montagna – alla presenza del numero minimo di cinque picciotti più il celebrante che sarà uno ‘ndranghetista anziano. Il rito inizia con le domande del celebrante sulla possibilità di dar luogo alla cerimonia. Ottenuta risposta positiva l’anziano, con "il Vangelo" in mano, ammonisce i presenti sull’importanza del rito e intima loro di assumere la posizione prevista con le braccia conserte. Il cosiddetto Vangelo non è quello usato per le celebrazioni cristiane nella Chiesa cattolica, ma è un libro dove sono scritte le regole e i rituali dell’organizzazione criminale. Quindi pronuncia le prescritte frasi: "Battezzo questo locale santo, sacro e inviolabile nella stessa maniera nella quale lo hanno battezzato i nostri avi dai quali noi discendiamo i cavalieri spagnoli Osso, Mastrosso e Carcagnosso, e se un tempo questo luogo era un posto comune da questo momento diventerà un luogo santo, sacro e inviolabile. Se qualcuno non lo riconoscerà come tale ne pagherà le conseguenze con cinque zaccagnate nella spina dorsale come è scritto sulla regola sociale."Al termine di questa locuzione l’aspirante verrà sottoposto a delle prove che serviranno a mostrare agli astanti il suo coraggio. In alcune zone della Calabria la prova consiste nel procurarsi una ferita da taglio con un pugnale sul palmo della mano sinistra che costituirà in futuro un segno di riconoscimento. Parimenti saranno segno distintivo i cinque nomi che verranno imposti al neofita. La cerimonia si ripeterà ogni volta in un luogo diverso per le future promozioni fino a quella a ‘ndranghetista anziano e, in tale occasione, la celebrazione sarà presieduta dal più anziano degli appartenenti all’organizzazione o dal capo in persona. In ogni circostanza il promovendo dovrà dare prova del proprio coraggio, della propria fedeltà all’organizzazione e della propria devozione nei confronti del capo e della società tutta. Oltre al battesimo vi sono altri riti sempre caratterizzati da analogie con quelli della chiesa cattolica e dalla sovente ricorrenza di croci, immagini di santi e preghiere. Una regola che si osserva in ogni rituale pare che sia quella secondo la quale l’aspirante debba sempre conoscere i gradi inferiori al suo ma non quelli superiori, nel senso che esso può avere rapporti con i sottoposti, ma non con i sovraordinati dai quali riverà soltanto ordini. Sembra che questo uso riporti al significato dell’obbedienza che oltre alla fedeltà, all’omertà e al coraggio, è elemento caratterizzante ogni organizzazione criminale. Una cerimonia particolare – è stato scoperto – si avrà in occasione della promozione a ‘ndranghetista anziano. In questa circostanza fermi restando i luoghi e il celebrante che sarà impersonato dal capo o dal vice, il rituale sarà diverso. Il neofita, dopo la pronuncia di una preghiera purificatrice, porgerà la mano sinistra al celebrante con il dorso verso terra. Questo gli afferrerà il polso prima e il dito pollice dopo, quindi inciderà la faccia del dito, con la punta di un pugnale, in modo tale da disegnare due croci. Il sangue che gocciolerà verrà raccolto in un bicchiere. Poi il celebrante brucerà una immaginetta di San Michele Arcangelo e ne raccoglierà la cenere in un altro bicchiere. Questa cenere verrà quindi sparsa sulla ferita procurata prima al neo ‘ndranghetista anziano che abbraccerà e bacerà per due volte tutti gli astanti e, per quattro volte, il celebrante.Regole di condottaNumerosi sono stati i codici sequestrati e/o rinvenuti nei covi della ‘ndrangheta. Ragione per la quale vi è eterogeneità di vedute sulle norme di vita della ‘ndrangheta. Il primo venne trovato in San Luca (RC) dal maresciallo dei carabinieri Giuseppe Delfino, detto "massaru Peppe" e comandante della Stazione Carabinieri di Platì, in occasione della cattura di un latitante in una caverna di montagna. Gli altri quindici (circa) negli anni a venire fino ai nostri giorni sono stati sequestrati o rinvenuti, nel corso di operazioni di polizia, dalle forze dell’ordine in svariate zone della Calabria. Dallo studio di detti documenti sono emersi alcuni caratteri che di seguito verranno descritti e che distinguono il consesso crimonale di cui si scrive dagli altri. La differenza fondamentale tra la ‘ndrangheta e le altre organizzazioni criminali sino ad ora esaminate consiste nel fatto che in seno ad essa assume determinante rilievo la zona geografica dove la cosca o la ‘ndrina opera. Infatti se per la mafia e la camorra i luoghi geograficamente intesi erano un elemento di minima differenziazione esistendo delle regole unitarie comuni a tutti, per la ‘ndrangheta essi rappresentano il fondamento dell'organizzazione. Il vincolo di sangue è il solo legame che unisce gli appartenti alla ‘ndrangheta. I valori e le tradizioni della famiglia intesa nel senso comune del termine sono i capisaldi del consesso e la donna ne è la naturale depositaria. Il suo ruolo assume una fondamentale importanza nei molteplici campi dell’organizzazione.Alla donna sono devoluti nei casi più delicati la funzione di fornire il supporto logistico e il compito di curare i rapporti coi latitanti. Lei raggiunge il suo massimo grado in seno alla ‘ndrangheta con la denominazione di "sorella di omertà" che sta a significare appunto il legame familiare tra la donna e il consesso stesso che non ammette tradimenti nell’obbligato e assoluto silenzio sui fatti interni ed esterni della organizzazione. L’unica deroga a tale regola è la "faida" che consiste in un contrasto all'ultimo sangue tra famiglie e/o all’interno della stessa famiglia. Esso si spinge fino all’eliminazione fisica degli appartenenti al nucleo familiare o interfamiliare ed è caratterizzato da atti di estrema ferocia e distruzione. Non vengono risparmiati neanche gli omicidi di donne, vecchi e bambini.Gli appartenenti alla "ndrina" sono organizzati in maniera particolare rispetto alle altre associazioni criminali, soprattutto per quanto attiene ai rituali. Tante sono le differenze ma ve ne sono alcune più rilevanti e degne di considerazione. Ad esempio gli associati si riuniscono per assumere decisioni relative alla vita dell'organizzazione soltanto nella giornata di sabato e in un determinato orario che varia a seconda delle stagioni dell'anno. Orientativamente l'assemblea ha luogo dopo il tramonto, con il favore delle tenebre. Il rituale prevede tra l'altro che tutti gli appartenenti alla "ndrina" si dispongano, in un luogo predeterminato e purificato dal "capobastone", a forma di cerchio, in piedi, e assumano la posizione di braccia conserte. A questo punto su ordine del maestro di giornata il più giovane degli associati ritira tutte le armi e le consegna a lui. Ultimata tale operazione che viene definita "pulciata" la riunione ha inizio. Alla conclusione della seduta il maestro di giornata provvede a far riconsegnare le armi agli associati (spulciata) che successivamente si recano a una cena. Ciò è segno di consolidamento ulteriore che quanto deciso sarà senz'altro attuato.Nell'ambito delle "ndrine" cui si è già fatto cenno, vi sono degli amministratori contabili che attraverso un "libro mastro" gestiscono le entrate e le uscite dell'illecita organizzazione. In particolare i suddetti dopo aver raccolto tutti i proventi in un fondo comune denominato "bacinella", si occupano del riciclaggio del denaro proveniente dalla attività criminali, del finanziamento per i futuri "lavori" del consesso, delle "paghe" per gli associati, del pagamento dei difensori dei detenuti e del mantenimento delle loro famiglie.Il contabile costituisce anche una riserva nel fondo comune per eventuali ulteriori bisogni.Sanzioni e SimboliNaturalmente anche in questa come nelle altre organizzazioni criminali chi non rispetta le regole e le norme di comportameto viene punito. E contrariamente al nostro sistema sanzionatorio dove la pena ha la funzione di emenda, in quello della "ndrangheta" essa è intesa solo ed esclusivamente come vendetta nei confronti di colui che ha "sgarrato". E' ovvio che la pena anche se con funzione vendicativa, si prefigge nel contempo fini di prevenzione generale ovvero lo scopo preciso di scoraggiare quanti vogliano disubbidire ai capi o comunque non rispettare le regole. Il potere punitivo è devoluto alle "ndrine"che lo esercitano attraverso i loro organi giudicanti che sono denominati (sic!) tribunali composti da un associato anziano che lo presiede e da altri due più giovani che lo affiancano. Vi è poi il "giudice" dell'esecuzione che fa parte del tribunale e che si serve di un puntaiolo che è il materiale esecutore della pena. Le pene più miti, comminate per le mancanze più lievi, consistono nelle coltellate alla schiena che vengono inferte dal puntaiolo al condannato. Quest'ultimo durante l'esecuzione deve stare in posizione eretta e alla presenza di tutti gli associati disponibili, in modo da fungere da esempio. Le ferite non debbono essere letali, in quanto hanno la funzione di punire il colpevole in maniera blanda. Seguono poi le violazioni più gravi che invece vengono punite con la pena capitale. Esse si individuano nella "diffidenza" che consiste nel non riporre fiducia verso i capi o gli altri associati; nell'"abbandono" che significa l'allontanamento dalle riunioni per dissenso su quanto deciso e nella conseguente assenza alla successive cene; nella "carognità" che vuol dire macchiarsi di un tradimento così grave da far sì che il colpevole sia assimilabile a una carogna; nella "connivenza con gli sbirri" che consiste nel collaborare con la magistratura o con le forze di polizia. Nella fase esecutiva a ogni condanna alla pena capitale corrisponderà un modo diverso di attuazione, a seconda della regola violata e della maniera nella quale è stata violata. A ogni tipo di morte, che comunque sarà violenta, sarà additato un significato che prima capivano soltanto gli altri consociati, mentre oggi anche gli estranei all'organizzazione comprendono. Così la morte mediante sevizie indica una condanna per una questione di tradimenti attinenti all'onore della famiglia nella comune accezione del termine. L'esecuzione capitale per mezzo di asfissia con sassi e terra significa che il condannato era in vita un delatore. La morte con fucilata alla schiena è riservata ai traditori che in vita hanno fatto il doppio gioco, tentando di restare nell'ombra, e che dovranno morire senza sapere, né guardare chi li uccide. La morte per impiccagione vuol dire che l'impiccato in vita era stato un vigliacco, un codardo. La strage simboleggia la necessità di sterminio senza pietà contro chi si è reso responsabile di gravi colpe quali la collaborazione con gli organi giudiziari o di polizia. La strage può essere applicata nei confronti dei familiari stretti e dei parenti del collaboratore, ovvero di intere "famiglie" che per varie ragioni sono da ritenersi rivali. Vi sono ulteriori simboli che rafforzano i significati delle condanne e che vanno oltre la morte violenta. Così in alcune circostanze i carnefici sono soliti infierire sul cadavere ormai sepolto che viene dissotterrato, evirato e i suoi organi genitali gli vengono sistemati nella bocca. Questo macabro rituale sta a significare che il cadavere, in vita aveva disubbidito agli ordini del capo supremo.LinguaggioParimenti alle altre organizazioni criminali gli appartenenti alla 'ndrangheta parlano un linguaggio convenzionale prestabilito, ovviamente nel dialetto calabrese che in questo scritto verrà tradotto in lingua italiana. Si è già visto che nelle cerimonie di iniziazione e in altri rituali vengono adottate delle parole e dei gesti predeterminati. Ci si limiterà a descrivere alcune espressioni usate dagli associati in determinate circostanze che pure verranno descritte o ricordate, anche perché dalle ricerche effettuate e dai documenti consultati sino ad oggi non sono risultati ulteriori dati.Vi sono così delle formule previste per l'inizio di una riunione di 'ndrina di cui si è scritto prima. Dopo la già vista purificazione del luogo e la successiva consegna delle armi, il capobastone dice: "Santa sera a tutti li santisti!" Gli altri rispondono: " Santa sera!" Il capobastone domanda: "Siete tutti pronti a sformare la Santa?" Gli altri: "Siamo prontissimi!" Il capobastone: "In questa notte di luce santa, sotto l'illuminazione delle stelle e la protezione dello splendore della luna, viene sformata la Santa Corona, dal capobastone, dal capo santista, maestro di controllo e scorta distaccata." Dopo si passa a discutere dei problemi all'ordine del giorno. Si è visto prima che vi sono anche delle parole prestabilite per i riti di iniziazione e in particolare per le formule dei giuramenti che in alcune 'ndrine assumono le diverse denominazioni di "fedeltà", del "veleno", degli "affiliati". Il giuramento della fedeltà prevede la recita della formula seguente che tradotta in lingua italiana si leggerà: "Giuro su quest'arma e di fronte a questi nuovi fratelli di Santa di rinnegare la società di sgarroe qualsiasi altra organizzazione, associazione e gruppo e di fare parte della Santa Corona e di dividere con questi nuovi fratelli di Santa la vita e la morte nel nome dei cavalieri Osso, Mastrosso e Carcagnosso. E se io dovessi tradire dovrei trovare nello stesso momento dell'infamia la morte."La formula del giuramento del veleno si recita così: "Giuro a nome della Santa Corona e di fronte a questi fratelli di Santa, di portare sempre con me questa bottiglietta di veleno e di non separarmene mai, perché se per caso disgraziato o per qualsiasi altro motivo, dovessi macchiarmi dell'infamia di tradire uno solo di questi fratelli di Santa, con le mie stesse mani prenderei la bottiglietta e berrei il veleno così da morire subito come è giusto per ogni traditore." Il giuramento degli affiliati: " Vi impongo, a nome degli anziani antenati nobili conti di Russia e cavalieri di Spagna che hanno patito ventinove anni di ferri e di catene Osso Mastrosso e Carcagnosso, di consegnare se ne avete tutte le armature bianche e al pari tutte le armature nere. Se le avete e non le consegnerete subito, quando verranno trovate con queste stesse armature sarete praticati." Vi sono ancora espressioni come "il giudice supremo" per indicare il capo, "la santa riunione" per indicare il consiglio della 'ndrina, "il nostro santo cristo" per indicare il primo santista che secondo la tradizione è nato il 25 dicembre poiché in tale data gli è stata incisa la croce sulla spalla sinistra. Anche in questa organizzazione criminale come in quella della mafia si riscontra una straordinaria capacità di confondere il sacro col profano.Cos'è - La 'Ndrina: la famiglia mafiosa Si tratta una famiglia di sangue che controlla un particolare territorio, di solito un paese o un quartiere di una città. Più 'ndrine di un paese formano la "Locale". In Calabria vi sono, attualmente, almeno 150 'ndrine molte delle quali con collegamenti in tutta Italia e all'estero. Il capo di una 'ndrina viene detto genericamente "capubastuni" (capobastone). La struttura gerarchica di una ‘ndrina è composta da, a partire dal grado più basso:· Giovane d'onore, affiliato per diritto di sangue, appartiene quindi ai figli di esponenti già facenti parte dell'Ndrangheta.· Picciotto d'onore ovvero soldato della 'ndrina. · Camorrista, affiliato con più esperienza rispetto al picciotto d'onore con incarichi più importanti. · Sgarrista o Camorrista di sgarro, colui che riscuote le tangenti. · Santista, affiliato che ha ottenuto la "Santa" per meriti legati alla criminalità. · Vangelo o Vangelista, chiamato così dal fatto che giura alla ‘ndrina con la mano sul Vangelo, grado anche questo ottenuto per il precedente motivo. · Quintino, affiliato riconoscibile dal tatuaggio a cinque punte, grado di vertice della ‘ndrina. · Associazione, ha questo grado chi ha parte alle decisioni più importanti prese dalle ‘ndrine in forma collegiale. Vi accedono quindi i capi ‘ndrina col più alto potere ed influenza.Cos'è - Struttura e organizzazione della 'Ndrangheta La struttura interna della 'ndrangheta, poggia sui membri di un nucleo familiare legati tra loro da vincoli di sangue, le 'ndrine. Non sono rari matrimoni tra membri di diverse ‘ndrine per saldare i rapporti tra famiglie.Il numero dei collaboratori calabresi è sicuramente più ridotto di tutti gli altri per diverse ragioni. La prima, e la più forte, è che un mafioso calabrese che dovesse decidere di collaborare dovrebbe per prima cosa chiamare in causa i propri familiari più diretti. Si entra nella 'Ndrangheta, o, per dirla nel gergo, si viene battezzati con un rito preciso, che può avvenire automaticamente, poco dopo la nascita se si tratta del figlio di un importante esponente dell'organizzazione, oppure con un giuramento, per il quale garantisce con la vita il mafioso che presenta il novizio, simile ad una cerimonia esoterica, durante la quale il nuovo affiliato è chiamato a giurare nel nome di nostro Signore Gesù Cristo. Il battesimo dura tutta la vita e ad uno sgarro paga spesso la famiglia del nuovo affiliato. Per questo motivo è difficile trovare pentiti, poiché questi andrebbero contro i loro stessi parenti e familiari e al giuramento che hanno fatto all'ingresso nel mondo della malavita. A tutt'oggi i pentiti di 'Ndrangheta sono pochissimi, tutto ciò rende il fenomeno difficile da combattere e da arginare.La 'ndrina è formata essenzialmente dalla famiglia naturale, di sangue, del capobastone, alla quale si aggregano altre famiglie generalmente, o inizialmente, subalterne. Le famiglie aggregate non di rado sono imparentate a quella del capobastone. Una lunga catena di matrimoni ha contraddistinto la vita delle cosche mafiose sicché è possibile affermare che questa tendenza è comune a tutte le famiglie. Il dottor Boemi ha descritto in questi termini l'evoluzione della 'ndrangheta: "La 'ndrangheta si caratterizza per la presenza nei comuni grandi e piccoli dei cosiddetti locali aperti: locale aperto è quello in cui un gruppo di mafiosi (spesso 30 e più) organizzano la loro attività criminosa. L'affiliazione calabrese avviene essenzialmente in due modi estremamente diversi. In Calabria si diventa mafiosi per generazione, per casato, per discendenza, per il semplice fatto di essere nato in una famiglia di mafiosi. Il figlio di un mafioso è solitamente un mafioso e lo è sin dalle prime classi elementari. Si diventa mafiosi però anche per esigenza, in mancanza di lavoro, per l'assoluta impossibilità in questa regione di avere di fronte uno Stato che risponda nei modi essenziali alle esigenze di vita di un giovane moderno".

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