venerdì 9 novembre 2007

COSA STA SUCCEDENDO IN CALABRIA?

E' una domanda che ho in testa da diverse settimane,qualche tempo fa è scoppiato il caso " De Magistris ".Sapete cosa è successo?Parto da qualche mese fa...precisamente da questa estate quando il nome del Presidente del Consiglio,Romano Prodi,è finito nel registro degli indagati dalla Procura della Repubblica di Catanzaro nell' ambito di una mega-inchiesta denominata dagli inquirenti " Comitato d' Affari " salita alla luce della ribalte con il nome di inchiesta " Why Not " : sotto indagine i finanziamenti europei ricevuti da alcuni imprenditori.Il coinvolgimento del premier nell' inchiesta sul " comitato d' affari " è stato procurato dal ritrovamento e dal successivo sequestro di un cellulare in uso ad Antonino Saladino.Nell' agenda di Saladino oltre ai numeri di altri personaggi già indagati ( tra questi i generali della Guardia di Finanza, Walter Cretella e Paolo Poletti,Luigi Bisignani iscritto alla loggia P2 e quello del senatore di FI, Giancarlo Pittelli )quello di Sandro Gozi ( ex funzionario dell' Unione Europea,assistente politico di Prodi e attualmente suo sostituto in Commissione Affari Costituzionali della Camera ) Pietro Scarpellini e di Romano Prodi )Palazzo Chigi ha sempre ribadito l' assoluta estraneità del premier.Su questo sono abbastanza scettico o almeno lo sono da quando ho ascoltato nella trasmissione di Santoro, " AnnoZero " , stralci di intercettazioni dove il Saladino si vantava di avere rapporti con persone potenti ed in particolare dove si congratulava del fatto che avesse potuto ricevere in questi anni cospicui fondi europei e statali.Sapete chi è Saladino?E'l'ex-Presidente della Compagnia delle Opere per il Sud d' Italia nonche titolare di numerose aziende.)Voi vi starete chiedendo perchè in questi mesi il nostro Ministro della Giustizia Clemente Mastella si sia scaldato tanto contro De Magistris e contro il Procuratore Capo Mariano Lombardi reo sempre secondo il leader dell 'Udeur di non aver " vigilato " abbastanza sull' operato del suo sottoposto.Il caro De Magistris non è la prima volta che solleva " polveroni " è titolare di alcune inchieste che hanno toccato,trasversalmente,diversi esponenti politici regionali e nazionali.Seguiva anche l' inchiesta denominata " Poseidone " , relativa alla gestione di fondi per la depurazione e l' ambiente.Quella volta l' indagine gli venne revocata dallo stesso Lombardi dopo che De Magistris aveva inviato un avviso di garanzia al senatore sopracitato Giancarlo Pittelli,coordinatore in Calabria di Forza Italia.Lombardi motivò la scelta di revocare l' inchiesta a De Magistris sostenendo che non era stato informato degli sviluppi.Anche stavolta l' inchiesta vuole essere tolta dalle mani dell' intrepido procuratore,Mastella anche stavolta sostiene che De Magistris si sarebbe rifiutato di riferire gli sviluppi dell' inchiesta a Mariano Lombardi,quest' ultimo sarebbe invece colpevole,come ho detto in precedenza ,di aver " vigilato troppo poco l' operato del suo sottoposto.Beh,non vorrei avervi annoiato,certo che di cose strane in Calabria ne stanno succedendo,mi sembra palese che cè una volontà da parte di alcuni politici di ostacolare l' operato di un procuratore della Repubblica,non serviva il mio intervento per capirlo ma certe cose è bene ripeterle,bisogna essere vigili ed attenti,altrimenti certi personaggi anche per propri e biechi interessi personali ostacoleranno sempre l' iter giudiziario.

MAFIA/ LO PICCOLO,30 ASSOCIATI 'ADDIOPIZZO' NELLA SUA BLACK LIST | Cronaca | ALICE Notizie

Un elenco con i nomi di una trentina fra imprenditori e commercianti che avevano aderito ad " AddioPizzo " , l' associazione che lotta contro il racket delle estorsioni,sarebbe stato trovato nel covo di Giardinello,dove lunedì è stato arrestato il boss Salvatore Lo Piccolo,il figlio Sandro ed altri due pericolosi latitanti.La notizia viene riportata dall' edizione odierna del " Giornale di Sicilia " secondo il quale nel corso della perquisizione la polizia avrebbe trovato un elenco scritto a mano e conservato tra i bloc notes con la contabilità delle cosche.Il sospetto degli investigatori è che quei nomi fossero segnati perchè obbiettivi da colpire o mettere a tacere con intimidazioni.Il rinvenimento del' elenco con i trenta nomi viene valutato attentamente,però,anche alla luce delle intercettazioni telefoniche fatte ad Antonino Rotolo,nelle quali il boss suggeriva ad un estorto di iscriversi all' antiracket così non avrebbe avuto problemi.Nel " libro mastro " del racket,rinvenuto nella villetta dove è stato arrestato Lo Piccolo,invece sarebbero scritti complessivamente cinquecento nomi di imprenditori e commercianti che pagavano il pizzo,a cominciare dalle sale Bingo e i centri scommesse del capoluogo siciliano,per finire con i ristoranti e i bar di Mondello e ai grandi magazzini.Fra le attività commerciali sottoposte al pizzo e costrette a pagare da un minimo di 500 euro ad un massimo di 20000 euro ( giro mensile attestato sui 3 milioni di euro )anche alcune ricadenti nella zona di Porta Nuova che ricadrebbe nel mandamento gestito da Antonino Rotolo,acerrimo nemico dei Lo Piccolo.Secondo sempre dati dell' associazione " AddioPizzo " ancora circa l' 80% degli imprenditori e dei commercianti a Palermo e Provincia pagano il pizzo,speriamo che adesso dopo l' arresto dei Lo Piccolo questa " tenaglia " abbia fine.

MONS. BREGANTINI LASCIA LOCRI, LACRIME E RABBIA


L' ultima messa di monsignor Giancarlo Maria Bregantini è stato un momento molto emozionante per la cittadinanza di Locri, un addio carico di rabbia,passione,lacrime e proteste,raccolte di firme da parte di chi c'era e anche da parte di chi non ha potuto assistere di persona all' ultimo atto di un vescovo così amato, così dentro il profondo sentire della sua gente.La Locride si è sentita come tradita ma il sentimento di un ennesimo abbandono è stato in verità di tutta la Calabria. Sisino Zito ex- senatore socialista,oggi sindaco di Roccella Jonica, ha dichiarato che Bregantini ha rappresentato non solo la tradizionale figura del prete antimafia ma qualcosa di più, " di molto di più " .Decine e decine di persone hanno affollato la Chiesa nel momento in cui l' episcopo leggeva la bolla papale.Nonostante Bregantini annunciasse di fatto la sua partenza dalla città non ha smesso neanche in quel momento di indicare la via del riscatto per la Calabria,di rivolgersi ai mafiosi per chiedere loro di fare ritorno " alla pace di Dio,nelle vostre famiglie,con azioni di coraggio e di perdono,vero profumo per i nostri paesi,rinunciando apertamente alla disonestà in tutte le sue forme perchè siete chiamati a più nobile bellezza ".Bregantini è stato ben 13 anni vescovo di Locri,punto di riferimento nella lottà alla criminalità e nel cercare la strada del riscatto sociale, fuori dai luoghi comuni e dalle generalizzazioni e criminalizzazioni.Di fronte al dolore manifestato dalla gente di Locri per la sua partenza, Bregantini dice che è " un reciproco dispiacere,perchè obbedire non è mai facile e sempre eroico.Voglio però cercare di rassenerare gli animi,che molto di quello che ho insegnato loro è stato maturato insieme, con i giovani e con i collaboratori, cresciuti ormai fisicamente e spiritualmente.Loro restano qui,ma hanno imparato un metodo.lo vivranno comunque e sempre intensamente. " Dopo la messa,Bregantini si è fermato a parlare con io giornalisti dicendo che non è mai stato l' espressione di una certa parte politica ma che la sua azione è sempre stata rivolta al bene comune.Il Presidente della Regione,Agazio Loiero,ha ringraziato il vescovo per il suo operato è ha rivolto parole di forte rammarico " il nome di Bregantini è troppo legato al cammino verso una Calabria diversa,quella che vogliamo costruire sottraendola ai bisogni sociali e ai ricatti criminali.Il vescovo si è dovuto trasformare in imprenditore per supplire alla miopia di tanti imprenditori che si tengono alla larga da aree problematiche come la Locride.Prima di trasferire il vescovo qualcuno avrebbe dovuto farle queste riflessioni.Avrebbe capito che la sua permanenza nella nostra terra era vitale " .

lunedì 5 novembre 2007




PALERMO - I boss latitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo sono stati arrestati a Carini. Irruzione della polizia in una villa di Carini, nel Palermitano, durante un vertice dei capimafia. Catturati anche i latitanti Andrea Adamo e Gaspare Pulizzi. Per gli inquirenti, Salvatore Lo Piccolo, 65 anni, era il nuovo capo di Cosa Nostra, leadership condivisa con Matteo Messina Denaro. Recuperati alcuni 'pizzini' del boss, che e' stato tradito da uno dei fedelissimi.




L'ASCESA 'SILENZIOSA' DI TOTUCCIO - Per gli investigatori e' il nuovo capo di Cosa Nostra. Ma la carriera di Salvatore Lo Piccolo, 65 anni, si e' conclusa in carcere come quella del suo predecessore Bernardo Provenzano. Il padrino, arrestato oggi dalla polizia, era latitante dal 1983; il figlio Sandro, 32 anni, catturato nello stesso blitz, era invece ricercato da sette anni dopo una condanna all'ergastolo. Per i non addetti ai lavori il nome non dice nulla, ma il voluto anonimato del buon ''Totuccio'' Lo Piccolo nasconde il cuore e la furbizia del vero capo. Il borsino di Cosa nostra lo colloca in cima alla scala, sullo stesso gradino di Matteo Messina Denaro, il boss trapanese in lotta con Lo Piccolo per la leadership dell'organizzazione. ''Totuccio'' ha navigato a vista flirtando con successo coi corleonesi di Toto' Riina, senza mai esporsi del tutto. Gia' condannato all'ergastolo, ha eliminato parecchia gente e ha fatto ricchi traffici con la cocaina e con gli appalti pubblici.

E' in contatto con i ''cugini'' d'America, con i quali ha avviato affari oltreoceano, ed ha messo le mani sul fiorente mercato del pizzo alle imprese del mandamento mafioso di San Lorenzo, che costituisce una delle articolazioni piu' vaste dell'organizzazione mafiosa. Il territorio dei Lo Piccolo comprende non solo la parte nord-occidentale della zona metropolitana di Palermo, ma anche le famiglie dei comuni di Capaci, Isola delle Femmine, Carini, Villagrazia di Carini, Sferracavallo e Partanna-Mondello. Dopo la cattura del capomafia trapanese Vincenzo Virga, Lo Piccolo ha esteso la sua influenza anche ad alcune zone della provincia di Trapani. Sandro e Salvatore Lo Piccolo restano pero' i ''padroni'' dello Zen, una vasta zona a residenza popolare alla periferia della citta', inesauribile serbatoio di manodopera e formidabile nascondiglio per ogni genere di necessita'. ''Totuccio'' ha iniziato la sua scalata al vertice dell'organizzazione dopo essersi messo sotto l'ala protettrice di Bernardo Provenzano, con il quale aveva costanti rapporti personali ed epistolari attraverso i famigerati ''pizzini''.

Col tempo e con una regia accorta di alleanze ha consegnato al vecchio padrino corleonese mezza citta'. Gli ha offerto un braccio armato di cui era sprovvisto. Ne ha ricevuto in cambio un via libera incondizionato alla sua ascesa ''silenziosa''. La storia del clan Lo Piccolo e' relativamente recente: punta al controllo degli appalti, a partire dalla realizzazione degli svincoli autostradali, estorsioni e guardianie. Ma anche attraverso l'esazione sistematica di una quota sociale per le utenze elettriche: 15 euro per non avere problemi e tenere le lampadine accese nei cubi di cemento con i muri in cartongesso dello Zen2. Con l'incoronazione che li ha fatti padrini, i Lo Piccolo hanno avviato una vera e propria campagna di reclutamento, annettendosi anche un pezzo della vecchia mafia di San Lorenzo e Tommaso Natale: due mandamenti che sono da sempre un termometro sensibile di cio' che accade all'interno dell'organizzazione. La tregua e' rotta di rado. E l'atmosfera che i boss impongono e' quella di una calma piatta che tiene lontani guai e curiosita'. Cosi' come ha insegnato loro Bernardo Provenzano. Mezza imprenditoria che ha messo radici da quelle parti e' stata coinvolta in indagini antimafia: per collusioni e intimidazioni. Cosi' anche l'elenco dei fiancheggiatori dei Lo Piccolo, degli amici, degli indifferenti e' lunghissimo. Con una costante ricorrente. Nei racconti dei pentiti, padre e figlio sono sempre da qualche parte dello Zen: visibili a tutti meno che ai segugi dell'antimafia. Visibili e mobilissimi.

L'ultimo collaboratore di giustizia, Francesco Campanella, esponente politico di Villabate, cittadina alle porte di Palermo, racconta che in un bar Totucccio Lo Piccolo avrebbe incontrato Bernardo Provenzano. In un altro interrogatorio, sempre Campanella, conferma quel che gia' era noto: l'asse di ferro che lo lega a Matteo Messina Denaro, il principe del Trapanese. Un patto cementato ancora una volta durante un incontro ravvicinato. Una stretta di mano tra i due boss destinati, ciascuno a suo modo, a un futuro da re nell'era dei postcorleonesi. Ma anche il nuovo capo di Cosa Nostra e' finito in cella, mentre il cerchio attorno a Messina Denaro si stringe ogni giorno di piu'.