sabato 29 dicembre 2007

Sale a 106 il numero delle persone uccise nel 2007


Napoli, 28 dic. (Adnkronos/Ign) - Il boss Francesco Verde, 58 anni, detto 'o negus', è stato ucciso in serata nel corso di un agguato in via Napoli a Casandrino. Ferito nella circostanza anche un nipote, Mario Verde di 32 anni.

Sono molto gravi le condizioni di Mario Verde, nipote del boss Francesco Verde. L'uomo si trovava alla guida di un'auto quando sono arrivati i sicari che hanno aperto il fuoco con pistola e fucili a canne mozze. Mario Verde ha avuto la forza di raggiungere con la propria vettura l'ospedale civile di Aversa dove poco dopo il ricovero è morto lo zio. In via Napoli a Casandrino sono poi arrivati i carabinieri.

Francesco Verde era lo storico capoclan di Sant'Antimo e Casandrino. Per il momento i carabinieri non parlano di faida con un altro clan anche se l'omicidio di un camorrista del calibro del 'Negus' desta preoccupazioni negli investigatori. Qualche dissidio ci sarebbe con la cosca dei Marrazzo, attiva a Sant'Antimo e a Casandrino ma, per parlare di una nuova guerra di camorra tra queste due bande è ancora prematuro.

Secondo quanto si è appreso successivamente Francesco Verde, poco prima di cadere nell'agguato tesogli dai sicari, aveva firmato il registro dei liberi vigilati presso il commissariato di Frattamaggiore. Era uscito dal carcere a settembre ed era stato sottoposto, in qualità di libero vigilato, all'obbligo della firma in commissariato.

I sicari, almeno quattro, sarebbero entrati in azione a bordo di due motociclette ed avrebbero esploso una trentina di proiettili. Il nipote del boss Mario, incensurato, si trova ricoverato in gravi condizioni. I carabinieri subito dopo l'agguato hanno piazzato posti di blocco in tutta la zona del giuglianese e al confine con il casertano ed eseguito numerose perquisizioni nelle abitazioni di camorristi. Finora però, non vi è traccia dei killer.

Con l'omicidio di Francesco Verde sale a 106 il numero delle persone uccise dall'inizio del 2007. Sono 6 invece gli uomini eliminati nel corso di questo mese di dicembre. Secondo gli esperti 87 di questi omicidi sarebbero maturati in ambienti di camorra.

giovedì 20 dicembre 2007

Se anche la ‘ndrangheta delocalizza: dalla strage di Duisburg ad Al Qaeda


Finora la ‘ndrangheta aveva fatto notizia solo per i sequestri di persona e per qualche raro delitto eccellente, come l’omicidio dell’ex presidente delle Ferrovie dello Stato, Lodovico Ligato o quello del vicepresidente del Consiglio Regionale della Calabria, Francesco Fortugno. Ma il giorno di ferragosto di quest’anno la strage di Duisburg in Germania, bilancio sei morti, è diventata il punto di non ritorno.
Mai prima d’ora la ‘ndrangheta si era resa responsabile di un fatto così eclatante, fuori dalla Calabria, addirittura all’estero. Passata lo choc del fatto di cronaca cominciano solo ora, a distanza di qualche mese, le riflessioni. Come sta cambiando uno dei fenomeni criminali più globali del pianeta e quali ripercussioni avrà questo cambiamento nel futuro?
Panorama.it lo ha chiesto ad Antonio Nicaso, uno dei massimi esperti mondiali dell’argomento, autore di ‘Ndrangheta, pubblicato da Aliberti Editore.

La ndrangheta è veramente diventata un fenomeno internazionale?
Si, è una delle poche organizzazioni criminali ormai presente in tutti i continenti. Investe nella produzione di cocaina, ha rapporti privilegiati con narcotrafficanti e paramilitari colombiani, tratta con i trafficanti turchi, ricicla materiale tossico e radioattivo, ma soprattutto ha avamposti dappertutto. Dalle Americhe all’Oceania, dall’Asia all’Africa ed in molti Paesi europei, tra cui Olanda, Spagna, Francia e Germania. In Germania la ‘ndrangheta è presente dagli anni Sessanta.
Lei sostiene nel suo libro che la ‘ndrangheta abbia avuto anche contatti con Al Qaeda…
Come Al Qaeda la ‘ndrangheta si è sviluppata in un contesto economico relativamente primitivo, ma col tempo ha saputo cogliere il trend della globalizzazione e delocalizzare la propria attività. Come Al Qaeda la ‘ndrangheta è al tempo stesso estremamente tradizionale e fortemente innovativa. Medioevale e moderna. Secondo il magistrato Nicola Gratteri la ‘ndrangheta ha avuto contatti reali con Al Qaeda attraverso i produttori di oppio afghano, legati ai talebani.
Oltre ad Al Qaeda non sarebbero mancate relazioni perfino con Saddam Hussein.
Un quantitativo di materiale radioattivo sarebbe stato ceduto, con la complicità della ‘ndrangheta, da una società italiana all’Iraq di Saddam Hussein. Su questa circostanza indaga la magistratura, potendo contare su nuovi documenti resi noti della Cia. E sempre in riferimento all’ex dittatore iracheno, si è scoperto che i servizi segreti del Kuwait avevano cercato di contattare esponenti della ‘ndrangheta per recuperare parte del Tesoro trafugato da Saddam Hussein durante la prima guerra del Golfo.

La ‘ndrangheta nasce in Calabria nel XIX secolo ed è caratterizzata, a differenza della mafia, dai vincoli familiari e dalle faide. Come quella di San Luca alla base della strage di Duisburg. Cosa vuol dire in concreto?

Le faide sono come i vulcani, quando esplodono hanno effetti devastanti. Uccidono anche la pietà, senza guardare in faccia nessuno: bimbi, giovani, anziani, donne. Spesso si muore per parentele acquisite, si uccide per non essere uccisi, quasi sempre sono scontri all’ultimo sangue. Nelle faide spesso piccoli e banali moventi possono saturare la riserva d’odio.
Però questi odi tribali sono stati capaci di generare un giro d’affari addirittura planetario…
Oggi la ‘ndrangheta, se si calcolano anche i proventi del riciclaggio di denaro sporco, ha un fatturato che si aggira attorno ai 55 miliardi di euro. In Calabria il rapporto tra fatturato criminale e pil è del 120%, contro il 39% della Sicilia e il 32% della Campania. È un mare senza sponde, un sistema criminale che gode di molte complicità politico-finanziarie. Ha il monopolio della cocaina in Europa, ma continua a gestire una serie di attività illecite che vanno dall’estorsione all’usura, dal traffico di rifiuti radioattivi all’immigrazione clandestina. Questo comunque non basta per spiegare la forza della ‘ndrangheta. Bisogna immaginare un tavolo in cui siedono insieme il mondo politico, imprenditoriale e criminale. E il collante è la massoneria.
Nella faida di San Luca, alla base della strage di Duisburg, un ruolo importante è stato giocato dalle donne.
Nell’Ottocento ci sono state donne che sono entrate a far parte della picciotteria, una sorta di ‘ndrangheta prima maniera. Alcune sentenze della Corte d’Appello della Calabria raccontano di riti di iniziazione cui hanno preso parte anche donne, al pari degli uomini. Ma sono stati casi isolati. Negli ultimi tempi, il ruolo della donna è cresciuto. Secondo alcuni collaboratori di giustizia ci sarebbe un grado nella gerarchia della ‘ndrangheta destinato alle donne: quello di sorella d’omertà, con compiti di assistenza, soprattutto per latitanti in fuga. Oggi, poi, notiamo sempre più donne nella ‘ndrangheta con potere decisionale.

Cosa ci si può aspettare nel prossimo futuro da un fenomeno criminale di tale portata?

Se non si pone mano alle riforme, con l’abolizione dei riti alternativi, sarà sempre più difficile combattere organizzazioni criminali come la ‘ndrangheta. Bisogna puntare sulla confisca dei beni illegalmente conseguiti, cercando anche di spezzare le contiguità politico-finanziarie. In Italia l’intera legislazione antimafia è stata permeata dall’emergenza. È finora mancata un’azione di lungo corso. Si è andato avanti con reazioni emotive, sull’onda di stragi e omicidi eccellenti. Spesso si sente dire che la lotta alle mafie è bipartisan. Finora. Però, le maggioranze trasversali e le convergenze tra i due schieramenti politici si sono registrate soltanto in occasione dell’indulto. Molto, insomma, resta ancora da fare.

La Santa, viaggio nella ‘ndrangheta sconosciuta

Un’esplorazione mondiale della ‘ndrangheta, che è “come una ragnatela che avvolge il mondo con tanti fili”. Per raccontare come funziona questa architettura criminale, Ruben Oliva, giornalista e regista (già autore del documentario sulla Camorra ‘O sistema e del film Quando c’era Silvio) e Enrico Fierro, inviato dell’Unità (che ha scritto, tra gli altri, il libro E adesso ammazzateci tutti. L’omicidio Fortugno e la rivolta dei ragazzi di Locri contro la ndrangheta) hanno girato mezzo mondo.
In Colombia hanno incontrato il capo dei paramilitari Salvatore Mancuso, referente della ‘ndrangheta. Poi sono stati in Venezuela, Bolivia, Argentina (che è la centrale del transito e dello stoccaggio del narcotraffico). Sono arrivati in Europa, a Milano, dove “la ‘ndrangheta controlla tutto”, per finire nella tana del ragno: San Luca, il paesino disastrato dove apparentemente non c’è nulla e che invece è il cuore della rete. Tutto quel viaggio è poi finito in un un documentario, e in un libro in cui hanno scritto i retroscena dell’inchiesta. Si chiama La Santa. Viaggio nella ‘ndrangheta sconosciuta.
Abbiamo intervistato gli autori.

Nella presentazione del vostro lavoro scrivete “mentre la camorra si sgretola in una guerra infinita e Cosa nostra tenta di riorganizzarsi, esiste una mafia che non ha perso il suo potere”. Cosa ha di diverso la ‘ndrangheta?
Innanzitutto la potenza economica: la ‘ndrangheta in Italia controlla il 3,5 del pil, tra i 36 e i 50 miliardi di euro. Poi la struttura organizzativa orizzontale: non c’è una persona a dirigere, ma una camera di composizione delle diverse famiglie. E la famiglia di ‘ndrangheta spesso coincide con la famiglia di sangue: di 800 collaboratori di giustizia solo 87 oggi sono legati alla ‘ndrangheta e sono tutti di livello medio-basso. Non si denuncia un familiare. E poi bisogna bisogna dire che la ‘ndrangheta ha una capacità di gestire il monopolio della droga più richiesta dal mercato, la cocaina. Basti pensare che Cosa nostra, per garantire che i carichi di cocaina arrivino in Sicilia, chiede il suo aiuto, perché difficilmente un carico della ‘ndrangheta va perduto. Un’altra caratteristica è che la ‘ndrangheta cammina sott’acqua, raramente ad esempio, se ne scoprono le speculazioni edilizie. A meno che non sia costretta, non compie atti eclatanti. Cosa nostra negli anni ‘90 ha oltrepassato il segno con la strategia stragista: ha attaccato direttamente lo Stato e ne ha anche subito la controffensiva. La ‘ndrangheta ha pensato agli affari.

C’è molta differenza tra il modo di operare della ‘ndrangheta e quello della camorra?
La camorra oggi è solo criminalità diffusa, predatoria, ha perso una struttura che possa competere. La ‘ndrangheta quando mette su un’attività non è una copertura e basta, non è solo riciclaggio di denaro: la fanno fruttare. Sono ottimi imprenditori e sanno capire gli scenari geopolitici.
I napoletani comprano cocaina e eroina dalla ‘ndrangheta e la spacciano, ma non la movimentano a livello mondiale: è una mafia di serie b, che ha meno rapporti con la politica e non è più in grado di condizionarla. In Calabria almeno quattro consiglieri regionali sono inquisiti per collusione e a Reggio Calabria il consigliere comunale più votato è in galera per voto di scambio. E non facciamo nomi ma tra qualche settimana qualche grosso nome della politica calabrese e nazionale verrà inquisito per lo lo stesso motivo.

La’ndrangheta arriva ovunque?
È un cancro calabrese, italiano ed europeo. Calabrese soprattutto se è vero che il 18% della ricchezza prodotta in Calabria è d’origine criminale. Ma non si può dire che il condizionamento resti limitato alla Calabria. A Roma Salvatore Mancuso stava per comprare palazzo Del Drago, proprietà del Vaticano. La trattativa era in stadio molto avanzato ed è stato fermato giusto in tempo.
Ci sono intercettazioni telefoniche che dimostrano che alla caduta del muro di Berlino referenti delle famiglie mafiose correvano nei Paesi dell’est con un solo ordine: acquistare qualunque cosa fosse acquistabile, pronti nel momento in cui si disfacevano economie. Relazioni dei servizi segreti tedeschi dicono che ben prima della strage di Duisburg la ‘ndrangheta aveva acquistato azioni della Gazprom. Si è detto che quest’estate a Duisburg era la prima volta che la ‘ndrangheta colpiva all’estero, ma non è così. L’Australia ha avuto un solo omicidio politico: un leader che si opponeva al traffico di droga. Fu ucciso dalla ‘ndrangheta nel 1979. Tanto per dirne uno.

All’estero la lotta alle mafie è più efficace rispettoa quanto accade in Italia?
No, all’estero la mafia italiana è stata presa sotto gamba, pensavano fossero quattro pezzenti, se ne credevano immuni. E all’estero hanno meno strumenti che da noi per fronteggiare questa realtà. In Germania non è possibile sequestrare la proprietà di un mafioso, in Olanda non si può intercettare.

Come cambia la ‘Ndrangheta nel tempo?
Gli investigatori dicono che entro vent’anni, ma forse anche meno, la ‘ndrangheta non avrà più bisogno di fare affari sporchi perché li sta tramutando in legali, è come un doppio binario del capitalismo. L’Italia sbaglia a leggere la mafia ancora con un occhio che guarda al folklore, che la vede fatta di pastori arretrati. Non è cosi. Molte famiglie, anche dei luoghi più arretrati, hanno già figliato una nuova generazione che mescola criminalità di vecchio stampo con nuove professioni. In una famiglia nascono più figli maschi? Uno o due si occuperanno della gestione criminale della famiglia, gli altri diventeranno professionisti: è la “borghesia mafiosa”di cui parlano i sociologi, in Calabria c’è già e questa è una differenza sostanziale con le altre mafie.

FESTA LEGALITA' : LETTERA VESCOVO DI LOCRI CHIUDE CONFRONTO


"La legalita', la giustizia, il bene comune cambiano il modo di avvertire la realta', di capire le sfumature, di leggere le situazioni. Per questo e' importante quello che state facendo a Firenze". E' con queste parole che monsignor Bregantini, per anni vescovo di Locri, da sempre impegnato sui temi della legalita', ha voluto salutare la Festa della Legalita' organizzata dalla Regione Toscana. Le parole del vescovo hanno concluso un pomeriggio animato da molteplici interventi, articolati in tre seminari, a partire da quello che, coordinato dal giornalista Francesco La Licata, ha cercato di ricostruire i mille volti (militari, economici, culturali, ma anche, piu' sorprendentemente, religiosi) della criminalita' organizzata.
A dare alcuni dati, su quanto pesa ancora in Italia la mafia e' stato il magistrato Pier Luigi Vigna: "Su 1608 comuni del Sud 406 registrano la presenza di un qualche clan, 396 ha beni confiscati, 25, solo negli ultimi tre anni, sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose - ha spiegato Vigna - Insomma piu' di un comune su tre presenta indicatori di presenza mafiosa. Una cifra che corrisponde a 13 milioni di persone, il 77,2 per cento della popolazione del Sud e il 22 per cento dell'intera popolazione italiana".
A sua volta Antonio Maruccia, commissario straordinario per la gestione dei beni confiscati alla mafia, ha ricordato il potere economico della mafia, capace di riciclarsi sempre di piu' anche nell'economia legale: "C'e' un ritardo rispetto alla capacita' di accumulazione della mafia e ai nuovi meccanismi di riciclaggio. Il figlio dell'uomo di 'ndrangheta oggi studia alla Bocconi ed e' in grado di proporre strade per mettere al sicuro i patrimoni che noi non sappiamo individuare. Il problema, insomma, oggi e' anche l! 'economia legale. E oggi confischiamo sempre meno: alla fine il problema dei beni confiscati lo risolvera' la stessa mafia". E a sottolineare che la criminalita' organizzata oggi investa in altri settori e' stato il console americano Norah Dempsey, che l'anno scorso e' andata nei campi antimafia dei giovani toscani per sostenere il progetto regionale: "La mafia oggi si arricchisce anche sui furti della proprieta' intellettuale, che un tempo riguardava solo la moda e gli audiovisivi e oggi si e' estesa a tutto, compresi gli alimentari e i farmaci". Una situazione che per Vigna e' l'iceberg di una realta' piu' complessa: "Esistono forme di criminalita' consensuale, c'e' chi offre il prodotto illecito, ma anche chi lo vuole, e il nostro problema e' come spezzare questo legame, che io non credo che si rompa con la repressione, ma probabilmente proprio parlando di legalita'".

'NDRANGHETA: LOIERO, SOTTOVALUTATA PER ANNI-PROBLEMA DI TUTTI



La 'ndrangheta ''e' stata sottovalutata per troppi anni''. Lo ha detto il Governatore della Calabria, Agazio Loiero, parlando a margine della Festa della legalita', organizzata a Firenze dalla Regione Toscana.
Probabilmente - ha precisato il governatore - ''il resto d'Italia e l'Europa ha pensato che la 'ndrangheta fosse un fenomeno autarchico e che, quindi, se moriva qualcuno, era tutto sommato una buona cosa. Invece la 'ndrangheta ha mostrato di essere oltremodo invasiva, di penetrare nei territori ricchi e spremerli e, quindi, non e' piu' solo un problema per la Calabria ma e' un problema per tutti''.

Vincenzo Giugliano, commerciante incensurato di 44 anni è stato ucciso a Piazzolla di Nola



Vincenzo Giugliano, 44 anni, commerciante incensurato e genero di un ex boss pentito da 14 anni, è stato ucciso a Nola, nel Napoletano. Il cadavere dell'uomo è stato trovato dopo una telefonata anonima al 112 che segnalava ai carabinieri un uomo morto a bordo di un'auto in via Costantinopoli nella zona periferica di Piazzolla di Nola.

Secondo quanto si è appreso, Giuliano, che abitava a circa 500 metri dal luogo dove è stato massacrato, era appena entrato nella sua Ford Fiesta quando sono arrivati i due sicari a bordo di uno scooter e hanno sparato numerosi colpi di arma da fuoco. Qualcuno che ha assistito alla scena dell'omicidio ha poi avvertito il 112. I carabinieri seguono varie piste ma privilegiano quella della vendetta trasversale, per colpire il suocero, ex boss pentito, padre di Filomena, moglie della vittima dalla quale aveva avuto due figli.

Carmine Alfieri, 64 anni, nato a Saviano (Napoli), è stato uno dei capi della nuova famiglia, il cartello criminale che si opponeva all'ascesa della nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. Piazzolla di Nola, dove è stato ucciso il genero questa sera, era la sua roccaforte. Il suo primo arresto, per falso e lesioni, risale agli anni sessanta. Ma è nella seconda metà degli anni ottanta che si compie la sua ascesa criminale, proseguita fino al suo arresto l'11 settembre del 1992.

Divenuto collaboratore di giustizia ha contribuito ad accertare la responsabilità di molti omicidi. A causa del suo pentimento la camorra gli ha ucciso anche il figlio e un nipote. Alfieri ha trasformato le attività illecite della camorra in holding gestendo un giro d'affari di 1.500 miliardi di lire e ha rappresentato il volto della camorra imprenditrice che dall'agro nolano si è estesa a buona parte della Campania. Accusato di diversi omicidi si è pentito alla fine del 1993.

Arresti 'Ndrangheta: In Manette Anche Boss Franco Muto


C'e' anche Franco Muto, detto il "re del pesce", capo indiscusso della 'ndrangheta del Tirreno cosentino, fra le persone arrestate oggi dalla Guardia di Finanza nell'ambito dell'operazione che ha portato all'arresto di una trentina di persone per estorsione, usura, traffico di stupefacenti e voto di scambio. Muto e' capo dell'omonima cosca mafiosa di Cetraro (Cosenza). Fra le persone coinvolte, anche uomini delle forze dell'ordine, accusati di collusione con i clan, ed un amministratore del comune di Amantea. -

'Ndrangheta: 39 arresti, sequestrato il porto di Amantea


In una vasta operazione contro la 'Ndrangheta, gli uomini della guardia di finanza e dei carabinieri hanno arrestato oggi in Calabria 39 persone, tra cui un esponente del mondo politico, e sequestrato il porto turistico di Amantea.
Lo hanno detto oggi le fiamme gialle e i carabinieri in una conferenza stampa congiunta a Cosenza, precisando che per gli arrestati le accuse sono a vario titolo associazione a delinquere, traffico di droga e voto di scambio.
Nell'operazione -- in cui sono stati sequestrati beni per circa 15 milioni di euro -- è stato sequestrato anche il porto di Amantea, in provincia di Cosenza, dato che secondo gli inquirenti la struttura era nella totale disponibilità della famiglia della 'Ndrangheta dei Gentile, tramite società commerciali intestate a familiari e prestanome.
Tra i 39 arrestati, c'è anche l'assessore del comune di Amantea Tommaso Signorelli (Pd), mentre il capogruppo dell'Udeur in Consiglio regionale, Franco La Rupa, è stato raggiunto da un avviso di garanzia con l'accusa di voto di scambio.
Nell'operazione è stato arrestato anche un militare della capitaneria di porto di Gioia Tauro.
Tra l'altro, gli agenti hanno sequestrato anche il 25% delle quote della società Appennino Paolano spa -- società dei servizi ambientali dell'area del Basso e Medio Tirreno Cosentino -- che erano nella disponibilità di Carlo Samà, uno dei soci del gruppo che si occupa di raccolta e trasporto dei rifiuti.
L'operazione -- che ha visto impegnati 250 uomini e molti mezzi -- è scattata stamani

Mafia: “Cassiere” Messina Denaro gestiva 60 supermarket

Era il re dei supermercati in Sicilia occidentale l'imprenditore Giuseppe Grigoli, 58 anni, arrestato dalla polizia con l'accusa di essere stato il prestanome del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. A Grigoli era riconducibile la holding "Gruppo 6 G.D.O. srl" che rifornisce e controlla 60 esercizi commerciali in Sicilia, per la maggior parte supermercati della catena Despar, marchio di cui aveva la gestione in esclusiva per tutti i Comuni delle province di Palermo, Trapani ed Agrigento. Secondo l'accusa Grigoli, che risponde di concorso esterno in associazione mafiosa, aveva messo a disposizione del clan trapanese di Cosa Nostra, i propri mezzi e risorse imprenditoriali. L'indagine aveva preso spunto dai 'pizzini' sequestrati al capomafia Bernardo Provenzano al momento del suo arresto l'11 aprile dell'anno scorso a Corleone. In particolare sono stati decrittati dagli investigatori i messaggi scambiati da Provenzano con Messina Denaro e il boss agrigentino Giuseppe Falsone a proposito di una complessa vicenda relativa alla presenza in territorio agrigentino e corleonese di supermercati riconducibili a Grigoli. Una controversia che i due capi di Trapani e Agrigento sottoponevano al giudizio del vecchio patriarca corleonese. La societa' "Gruppo 6 G.D.O. srl", con sede a Castelvetrano (Trapani) in via Partanna e un capitale sociale di 12.500.000 euro, e' stata ora sequestrata dalla Dia. Grigoli ne era il socio di maggioranza con quote per 6.375.000 euro, mentre il resto era intestato a sua moglie, Maria Fasulo, 48 anni, che ne era anche amministratore unico.

mercoledì 19 dicembre 2007

Strage di Duisburg, 4 arresti

La caccia ai killer della strage di Ferragosto a Duisburg comincia a produrre i primi risultati. Ieri sono finiti in carcere quattro fiancheggiatori della cosca Nirta-Strangio in un'operazione congiunta della task force italo-tedesca costituita solo pochi giorni fa grazie ad un accordo tra il Capo della Polizia, Antonio Manganelli, e i vertici della polizia tedesca. Domenico Pizzata, 30 anni e Domenico Nirta di 24, entrambi di Locri, sono stati arrestati in Calabria. Contemporanemante venivano catturati in Germania Antonio Rechichi, 21 anni, e Luca Liotini, 35 anni, pugliese, originario di Casamassima. Nei confronti dei quattro il Gip del Tribunale di Reggio Calabria, Natina Praticò, aveva emesso un mandato di arresto per associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico d'armi. In sostanza, i quattro non avrebbero partecipato materialmente alla strage, ma avrebbero fornito supporto logistico, armi e automobili alla cosca dei Nirta-Strangio e a Giovanni Strangio, sfuggito alla cattura, considerato autore della carneficina in cui morirono sei persone davanti al ristorante «da Bruno» a Duisburg. Secondo il pool di magistrati calabresi, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore Boemi, sarebbe stato proprio Strangio a guidare il gruppo di fuoco contro le vittime legate al clan rivale. Ennesimo tragico capitolo «da esportazione» della faida che da più di quindici anni oppone le famiglie Nirta-Strangio e Pelle-Vottari di San Luca, nella locride. Faida iniziata banalmente per una lite e poi sfociata nella lotta per il predominio nel traffico d'armi e droga, con un corollario di agguati e vendette. Come quella del giorno di Natale del 2006 in cui morì Maria Strangio, sorella di Giovanni. Intorno a lui, ora dopo ora, si sta stringendo il cerchio degli investigatori. Ancora ieri, la locride è stata battuta palmo a palmo dalle forze dell'ordine per individuarne il nascondiglio. Nelle oltre 400 pagine dell'ordinanza di custodia cautelare ci sono infatti due lettere indirizzate a Domenico Pizzata, uno degli arrestati, dalle quali emergebbe che Strangio stava meditando la strage da tempo. La stessa conclusione a cui sono giunti anche gli investigatori tedeschi.
«Quello di oggi è un risultato che riafferma la supremazia e la fermezza dello Stato», ha affermato il Procurato antimafia, Piero Grasso, commentando gli arresti. «Le indagini non si sono concluse e come gli esami continuano - ha concluso Grasso - per individuare anche gli altri esecutori».
della cosca Nirta-Strangio in un'operazione congiunta della task force italo-tedesca costituita solo pochi giorni fa grazie ad un accordo tra il Capo della Polizia, Antonio Manganelli, e i vertici della polizia tedesca. Domenico Pizzata, 30 anni e Domenico Nirta di 24, entrambi di Locri, sono stati arrestati in Calabria. Contemporanemante venivano catturati in Germania Antonio Rechichi, 21 anni, e Luca Liotini, 35 anni, pugliese, originario di Casamassima. Nei confronti dei quattro il Gip del Tribunale di Reggio Calabria, Natina Praticò, aveva emesso un mandato di arresto per associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico d'armi. In sostanza, i quattro non avrebbero partecipato materialmente alla strage, ma avrebbero fornito supporto logistico, armi e automobili alla cosca dei Nirta-Strangio e a Giovanni Strangio, sfuggito alla cattura, considerato autore della carneficina in cui morirono sei persone davanti al ristorante «da Bruno» a Duisburg. Secondo il pool di magistrati calabresi, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore Boemi, sarebbe stato proprio Strangio a guidare il gruppo di fuoco contro le vittime legate al clan rivale. Ennesimo tragico capitolo «da esportazione» della faida che da più di quindici anni oppone le famiglie Nirta-Strangio e Pelle-Vottari di San Luca, nella locride. Faida iniziata banalmente per una lite e poi sfociata nella lotta per il predominio nel traffico d'armi e droga, con un corollario di agguati e vendette. Come quella del giorno di Natale del 2006 in cui morì Maria Strangio, sorella di Giovanni. Intorno a lui, ora dopo ora, si sta stringendo il cerchio degli investigatori. Ancora ieri, la Locride è stata battuta palmo a palmo dalle forze dell'ordine per individuarne il nascondiglio. Nelle oltre 400 pagine dell'ordinanza di custodia cautelare ci sono infatti due lettere indirizzate a Domenico Pizzata, uno degli arrestati, dalle quali emergebbe che Strangio stava meditando la strage da tempo. La stessa conclusione a cui sono giunti anche gli investigatori tedeschi.
«Quello di oggi è un risultato che riafferma la supremazia e la fermezza dello Stato», ha affermato il Procurato antimafia, Piero Grasso, commentando gli arresti. «Le indagini non si sono concluse e come gli esami continuano - ha concluso Grasso - per individuare anche gli altri esecutori

CAMORRA SCATENATA, DUE MORTI IN UN GIORNO. KILLER IN AZIONE A FUORIGROTTA E SAN GIOVANNI A TEDUCCIO



Notte di sangue e paura. Due omicidi in meno di un tre ore allungano la scia di sangue a Napoli. Pochi minuti fa seconda sparatoria e secondo morto di camorra. Dopo l’agguato delle 19 a Fuorigrotta, un uomo, del quale non si conoscono le generalita’, è stato ucciso a San Giovanni a Teduccio, da uno o piu’ colpi di arma da fuoco. Giuseppe Corrao, 27 anni, latitante da soli quattro giorni, a seguito dell’ordinanza contro 17 affiliati al clan Mazzarella, è stato ucciso in via Carceri Vecchie, nella zona est di Napoli. Era a bordo di una potente moto ma i sicari lo hanno raggiunto uccidendolo. Inutili l’ultima corsa a piedi e il disperato tentativo di nascondersi dietro alcune auto. Salgono così a 108 i morti ammazzati per camorra nel napoletano e nonostante l’impegno delle forze dell’ordine la situazione stenta a stabilizzarsi. Poche ore prima in via Diocleziano a Fuorigrotta aveva perso la vita un uomo di 38 anni, Salvatore Zito. La vittima è stata uccisa con numerosi colpi d’arma da fuoco. Erano da poco passate le 19,00 quando i killer, due secondo il racconto di alcuni passanti hanno raggiunto Zito in via Diocleziano nel quartiere di Fuorigrotta e lo hanno freddato con numerosi colpi di pistola. Terrorizzati alcuni passanti hanno iniziato a scappare trovando riparo in bar e negozi. I killer compiuta la loro missione di morte si sono allontanati facendo perdere le proprie tracce. Sul posto, subito, sono giunte le volanti del vicino commissariato San Paolo e gli uomini del 118. Quello di questa sera è il secondo omicidio in 24 ore a Napoli. Ieri sera sempre a Fuorigrotta al Rione Traiano, a perdere la vita era stato Ciro Dalmazio, 45 anni.
L’omicido di questa sera potrebbe essere la risposta proprio all’agguato di 24 ore fa. La polizia sta indagando nella vita della vittima. Salvatore Zito, era ritenuto un affiliato al clan D’Ausilio. Sul posto la polizia ha rinvenuto sette bossoli.

Oscar al Placido Rizzotto Bianco


Il vino Placido Rizzotto bianco '06 di Centopassi, prodotto della Cooperative Libera Terra che gestiscono terreni agricoli confiscati alle mafie, ha vinto l'Oscar qualità/prezzo del Gambero Rosso e compare nell' Almanacco del Berebene 2008. Un riconoscimento che qualifica la bontà di un vino giovane e legato ai valori della realtà che lo produce, con attenzione al prezzo al consumatore.

martedì 18 dicembre 2007

Calabria, il protocollo legalità in mano a un dirigente indagato


Calabria, il protocollo legalità in mano a un dirigente indagato


L'intesa Regione-prefetti gestita da De Grano, tra i 20 dell'inchiesta Why not
Sul fronte antimafia, nuova tegola per il centrosinistra calabrese. Il governatore Agazio Loiero e il superprefetto di Reggio Franco Musolino hanno siglato lo scorso 14 dicembre un’intesa istituzionale, l’Apq “Antonino Scopelliti”: un milione di euro per stabilire intese operative tra gli enti locali e le prefetture per opere e appalti, fondi pubblici, beni confiscati. Ma a gestire la cosa sarà il dirigente Francesco De Grano, capo del Dipartimento regionale Attività produttive. Un nome noto alle cronache: insieme alla moglie Maria Angela De Grano è tra i 20 indagati nell'inchiesta Why not del pm Luigi De Magistris.

domenica 16 dicembre 2007

MAFIA: FESTA LEGALITA', INCONTRI E MUSICA A FIRENZE

L'anno scorso il simbolo fu una sveglia che suonava l'ora legale; quest'anno e' il rosso di una macchia di sangue che si trasforma nel rosso di un pomodoro quali quelli coltivati nei campi confiscati alla mafia. E sotto queste parole: "Dal Rosso Sangue al Rosso Pomodoro... La legalita' cambia la percezione dei colori". Si presenta cosi' la seconda Festa della Legalita' che, organizzata dalla Regione Toscana, fara' per un giorno intero, mercoledi' 19 dicembre, Firenze capitale nazionale delle battaglie per liberarsi dalla criminalita' organizzata. La Festa ritorna con l'obiettivo di coinvolgere tutti i giovani dai piu' piccoli ai piu' grandi. Ma questa sara' soprattutto la giornata dei tanti giovani che in Toscana si stanno impegnando per un'Italia libera dalle mafie, come gli studenti che da anni ogni estate lavorano come volontari nei terreni confiscati. "E' proprio per loro che l'anno scorso ci siamo sentiti quasi obbligati a promuovere un'iniziativa come questa, senza precedenti in Toscana - spiega il vicepresidente Federico Gelli - ma quest'anno abbiamo anche un motivo in piu', l'avvio del modulo sperimentale per l'educazione della legalita' a scuola, un'esperienza che sta gia' interessando 50 scuole di ogni ordine e grado, dalle elementari alle superiori, disseminate in tutte le province della Toscana. Questa festa intende testimoniare anche lo straordinario interesse che gli insegnanti e gli studenti toscani stanno manifestando su questo terreno". La festa intende essere "un'occasione di riflessione e sensibilizzazione, di ringraziamento per i tanti che si muovono su questo terreno e di lancio di nuove iniziative, un'occasione anche per ritrovarsi tutti insieme e assistere a un bello spettacolo". Molti e diversi i temi che saranno affrontati nella giornata, ma tutti con un taglio particolarmente adatto ai giovani. "E' proprio pensando a loro che abbiamo deciso di affrontare questioni comunque importanti per la cultura della legalita' e del rispetto delle regole. E voglio sottolineare lo spazio che all'interno della giornata avra' l'utilizzo legale e sicuro di Internet, il bullismo a scuola e l'usura, intesa come problema che richiama a un uso consapevole del denaro".

AGGUATO A ERCOLANO: UN MORTO, SALGONO A 100 GLI OMICIDI NEL 2007


Un uomo, Salvatore Madonna, di 44 anni, e' stato ucciso nel corso di un agguato dai killer in via Dogana, nei pressi del mercato degli Stracci di via Pugliano a Ercolano.
Secondo quanto si e' appreso dei carabinieri, Madonna sarebbe stato un fiancheggiatore del clan Birra, attivo a Portici ed Ercolano. La vittima stava camminando quando sono arrivati 4 sicari a bordo di due potenti moto che hanno aperto il fuoco e lo hanno ferito con tre complici di pistola.
Madonna e' stato portato all'ospedale Maresca di Torre del Greco ma e' arrivato in pronto soccorso gia' cadavere. E' salito così a 100 il numero delle persone uccise dall'inizio del 2007. Sono gia' quattro gli uomini uccisi dall'inizio di dicembre. Ottantacinque di queste esecuzioni sarebbero maturate in un ambito camorristico.

CAMORRA: ARRESTATO IL BOSS EDOARDO CONTINI, ERA LATITANTE DA 7 ANNI


Dopo sette anni e' finita la latitanza del boss della camorra Edoardo Contini. Edoardo ''o romano'' viene considerato uno dei capi camorra piu' importanti della Campania che per anni ha costituito un ''cartello'' associativo denominato ''Alleanza di Secondigliano'' con il clan Mallardo e la cosca dei Licciardi. Il periodo natalizio evidentemente non porta fortuna a Contini: basti ricordare che a Capodanno del '94 il boss fu arrestato a Cortina D'Ampezzo mentre festeggiava il nuovo anno. Fu liberato nel 2000 ma poco dopo si rese nuovamente irreperibile. Ieri notte le forze dell'ordine dopo anni di ricerche sono riuscite nuovamente ad arrestarlo.

mercoledì 12 dicembre 2007

Trapani: 5 ordini d'arresto per omicidio boss

La polizia ha eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti dei presunti responsabili della scomparsa del reggente del mandamento di Resuttana, Giovanni Bonanno, fatto sparire il 10 maggio del 2006 col metodo della "lupara bianca". I provvedimenti cautelari sono stati firmati dal Gip Maria Pino e sono stati notificati in carcere dagli agenti della Squadra Mobile ad Antonino Rotolo, 61 anni, Antonino Cina', 62 anni, Diego Di Trapani, 71 anni e Pietro Salsiera, 49 anni. L'inchiesta e' stata coordinata dai sostituti della Direzione distrettuale antimafia, Gaetano Paci e Domenico Gozzo. Il provvedimento riguarda anche il latitante Salvatore Lo Piccolo, 65 anni, tuttora ricercato. Secondo gli investigatori Bonanno venne ucciso perche' si era macchiato di "scarsa disciplina", trasgredendo le regole di Cosa nostra, in assenza del reggente ufficiale della cosca di Resuttana, Diego Di Trapani.

mercoledì 5 dicembre 2007

La mafia aretina, si chamava P2


L’esistenza di una loggia massonica coperta, denominata "Propaganda 2", emerge nel marzo del 1981 quando, indagando sul caso Sindona, i magistrati di Milano, Turone e Colombo, sequestrano molti documenti nella villa e negli uffici aretini di Licio Gelli,grande maestro della massoneria, un personaggio dal passato quanto mai ambiguo.Tra quei documenti una lista di 953 nomi, per lo più di esponenti politici, alti ufficiali, personaggi del mondo economico e uomini dei servizi segreti, tutti raccolti in una loggia segreta, potente strumento di intervento nella vita del Paese. Licio Gelli ed alcuni suoi consulenti avevano anche stilato un "piano di Rinascita Democratica" che, attraverso il controllo dei mass media, mirava alla normalizzazione dei sindacati, al controllo della magistra- tura e al rafforzamento in senso autoritario del potere istituzionale.La Loggia P2 si delinea così come un potere parallelo forse addirittura in grado di promuovere e gestire la strategia della tensione,mirata a minare la struttura democratica del Paese. Il dubbio che a tutt’oggi rimane è che in realtà quella che è stata scoperta è soltanto una parte, la meno influente, della loggia e che il potere cospirativo ed occulto della massoneria riservata sia continuato negli anni, o meglio forse quello in cui la loggia mirava non sta gia succedendo da anni?sicuramente gran parte della politica odierna,e così collusa con organizzazioni di stampo mafioso,che sicuramente ne è membra a tutti gli effetti,che la loro dignità è gia finita sotto terra,ma il potere che hanno alcuni di loro ed il sistema che si sono creati pone la loro dignità umana come fattore ininfluente della loro vigliacca vita.

Inafferrabile 'Ndrangheta




Raccontare la ’Ndrangheta, filmarla. Come fai a rendere in immagini un’entità che ha fatto dell’invisibilità la sua regola di vita e di sopravvivenza? Se vai a Secondigliano, Scampia, Casal di Principe, un tizio che si atteggia a boss lo trovi, due parole riesci a strappargliele. Panza che preme sulla cintura dei pantaloni, Bmw metallizzata sullo sfondo, poi le Vele a fare da panorama della disperazione e il gioco è fatto. E piace a chi guarda. Pensate a Casal di Principe, dove recentemente il padre di “Sandokan”, Francesco Schiavone, si è concesso finanche alle telecamere de “Le iene”. In Calabria no, la ’Ndrangheta non esiste. Non ha volto. «È invisibile come l’altra faccia della luna» ha felicemente detto un magistrato americano.

Un’esplorazione mondiale della ‘ndrangheta, che è “come una ragnatela che avvolge il mondo con tanti fili”. Per raccontare come funziona questa architettura criminale, Ruben Oliva, giornalista e regista (già autore del documentario sulla Camorra ‘O sistema e del film Quando c’era Silvio) e Enrico Fierro, inviato dell’Unità (che ha scritto, tra gli altri, il libro E adesso ammazzateci tutti. L’omicidio Fortugno e la rivolta dei ragazzi di Locri contro la ndrangheta) hanno girato mezzo mondo.
In Colombia hanno incontrato il capo dei paramilitari Salvatore Mancuso, referente della ‘ndrangheta. Poi sono stati in Venezuela, Bolivia, Argentina (che è la centrale del transito e dello stoccaggio del narcotraffico). Sono arrivati in Europa, a Milano, dove “la ‘ndrangheta controlla tutto”, per finire nella tana del ragno: San Luca, il paesino disastrato dove apparentemente non c’è nulla e che invece è il cuore della rete. Tutto quel viaggio è poi finito in un un documentario, e in un libro in cui hanno scritto i retroscena dell’inchiesta. Si chiama La Santa. Viaggio nella ‘ndrangheta sconosciuta.

martedì 4 dicembre 2007

Blitz antimafia, arrestato il figlio del boss Santapaola

Settanta in tutto le persone finite in manette. Associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti e rapina i reati contestati. Sequestrate armi, droga e un libro 'mastro' di estorsioni e 'stipendi' agli affiliati. Amato: ''In Sicilia lo Stato c'è, prenderemo i boss uno ad uno''











Ondata di arresti questa notte a Catania nei confronti di presunti appartenenti ad associazioni mafiose. In manette sono finite 70 persone e tra di esse c'è anche Vincenzo Santapaola, 38 anni, detto 'Enzo', figlio maggiore del boss Benedetto. Per tutti i reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione mafiosa, estorsioni, rapine e traffico di sostanze stupefacenti.

Tra i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare anche tre donne. Si tratta di Angela La Rosa, moglie di Alessandro Strano del gruppo Santapaola e attualmente detenuto, Patrizia Scriffignano e Iolanda Di Grazia, rispettivamente moglie e sorella dell'ergastolano Francesco Di Grazia, boss catanese arrestato anche lui la notte scorsa. Le tre, secondo i pm della Dda di Catania, avrebbero svolto per anni un ruolo di collegamento con la cosca mafiosa.

L'operazione, denominata 'Plutone', è stata eseguita dai Carabinieri del Comando provinciale di Catania e si è avvalsa delle dichiarazioni del pentito Umberto Di Fazio. Sono state sequestrate armi, cocaina e marijuana, nonché un libro 'mastro' di estorsioni e 'stipendi' agli affiliati. Durante le indagini i militari dell'Arma hanno anche accertato collegamenti della 'famiglia' catanese con cosche della 'ndrangheta calabrese e con il clan di Bernardo Provenzano. E' stata inoltre fatta luce su 16 rapine, alcune delle quali commesse anche fuori dalla Sicilia.

Soddisfatto il ministro dell'Interno Giuliano Amato che ribadisce che ''in Sicilia lo Stato c'è". "Da settimane e settimane stiamo realizzando una presenza dello Stato in Sicilia che sta cambiando il clima, sradicando le cosche e determinando un'atteggiamento più positivo della gente'', ha detto Amato aggiungendo che ''i boss non possono più illudersi: li prenderemo uno ad uno".

Vincenzo Santapaola in passato era riuscito a scampare a una condanna a morte decisa dal boss sanguinario di Partinico, Vito Vitale. Dalle indagini è emerso che in passato, Vito Vitale lo avrebbe voluto eliminare in una guerra interna a Cosa nostra tra 'palermitani' e 'catanesi'. Enzo Santapaola fu arrestato per la prima volta nel dicembre del 1992, insieme con il fratello Francesco, di tre anni più piccolo. Ma i due furono scarcerati dal Tribunale del riesame.

Un anno dopo, destinatario di un ordine di arresto per 'Orsa maggiore', si rese irreperibile, e fu catturato il 14 gennaio del 1994. Fu rimesso in libertà il 27 dicembre 1997. Poi fu nuovamente arrestato l'8 agosto 1999 nel quadro dell'inchiesta 'Orione 2'. Rimesso in libertà fu arrestato nel 2006 e da poco era stato scarcerato. Nel suo curriculum criminale c'è anche un'assoluzione per l'omicidio del giornalista Giuseppe Fava, padre dell'europarlamentare Claudio Fava.

lunedì 3 dicembre 2007

Mafia: Sindaco Gela, Mi Sarebbe Piaciuto Prendere Emmanuello Da Vivo

Mi sarebbe piaciuto molto riuscire a prendere il boss mafioso Daniele Emmanuello da vivo, non da morto. Noi dell'Antimafia siamo migliori della mafia, noi a differenza loro non gioiamo della morte altrui"Lo ha detto il sindaco di Gela (Caltanissetta) Rosario Crocetta, commentando la morte del boss latitante Emmanuello avvenuta questa mattina dopo una sparatoria nell'ennese. "Sarebbe stato bello poterlo vedere dietro le sbarre per potergli gridare in faccia e rimproverargli pubblicamente tutte le malefatte commesse a Gela - ha detto Crocetta - invece in questo modo dovra' rendere conto solo a Dio e non piu' alla giustizia terrena"."Daniele Emmanuello - ha detto ancora - era uno dei boss latitanti piu' pericolosi in Italia, nella Sicilia orientale era considerato uno del calibro di Matteso Messina Denaro. Con la sua morte si chiude una pagina dura, crudele per la nostra citta'. Speriamo soltanto che non ci sia gia' qualcuno pronto ad imitarlo".''Sarebbe stato bello - ha aggiunto - poterlo vedere dietro le sbarre per potergli gridare in faccia e rimproverare pubblicamente tutte le malefatte commesse a Gela''. Solo un anno fa, proprio il primo cittadino di Gela aveva licenziato dal Comune la moglie del boss. La donna, Virginia Di Fede, 42 anni, lavorava, in quanto nullatenente, nel gruppo dei 165 precari del Reddito minimo di inserimento alle dipendenze del comune ennese.

Salvatore Cutolo, 46 anni, a capo dell’omonimo clan camorristico operante nei quartieri occidentali del capoluogo partenopeo, è stato arrestato dai carabinieri del Nucleo Operativo di Napoli.

Cutolo è stato destinatario di un decreto di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea per associazione per delinquere di tipo camorristico e omicidio. Il boss è stato catturato nel corso di perquisizioni per blocchi di edificio che sono in corso dalle prime ore dell'alba nel quartiere napoletano di Soccavo per la ricerca di armi, operazione decisa dopo la recrudescenza di agguati nella zona causata dallo scontro armato tra i clan Cutolo e Leone per il controllo degli affari illeciti sul territorio.

Palermo/ Sparatoria, ucciso il boss latitante Daniele Emmanuello


Il boss mafioso latitante Daniele Emmanuello, 43 anni, è morto in seguito ad una sparatoria avvenuta questa mattina nei pressi di un casolare dell'Ennese con la Polizia di Stato. Emmanuello, ricercato dal 1996 per associazione mafiosa, traffico di droga e omicidi, secondo una prima ricostruzione, stava tentando di scappare dal casolare in cui si era rifugiato ma nel tentativo di far perdere le sue tracce sarebbe caduto in un dirupo.

La moglie del boss mafioso nel 2006 venne licenziata dal sindaco di Gela, Rosario Crocetta dal Comune dove lavorava come precaria. La donna, Virginia Di Fede, 42 anni, lavorava, in quanto 'nullatenente', nel gruppo dei 165 precari del 'Reddito minimo di inserimento' alle dipendenze del comune di Gela.

Il sindaco aveva anche adottato provvedimenti disciplinari nei confronti di alcuni dirigenti. La donna era stata assegnata al servizio di assistenza domiciliare agli anziani, ma era stata trasferita a lavori d'ufficio presso l'assessorato all'ecologia, grazie a un certificato medico che attestava l'inabilita' a quel tipo di lavoro a causa di dolori articolari a un braccio.

sabato 1 dicembre 2007

Mafia,nuovi arresti.Pentito un boss di Lo Piccolo.

PALERMO. C'è un «pentito» che sta raccontando la «nuova mafia» in presa diretta. La «gola profonda» si chiama Salvatore Franzese, era latitante, ad agosto, quando è stato braccato dalla polizia perché alla guida della cosca di San Lorenzo per conto di Salvatore Lo Piccolo. Un nuovo ciclone che è destinato a investire Cosa nostra, già provata per le recenti catture di boss (l'ultima, giovedì sera, ai danni del latitante Michele Catalano), e da nuovi arresti scattati ieri sera.
Nelle ultime ore sono finiti in cella altri quattro presunti fiancheggiatori dei boss ai vertici di Cosa nostra in Sicilia. Un imprenditore e tre presunti mafiosi sono stati arrestati tra Cinisi e Carini. L'ordine di custodia colpisce Gaspare Di Maggio, considerato il reggente della famiglia mafiosa di Cinisi; l'anziano boss Calogero Battista Passalacqua, detto «Battistone», che era già stato reggente della famiglia di Carini (è ai domiciliari per motivi di età, ha 76 anni); l'imprenditore Francesco Ferranti, ritenuto vicinissimo ai boss di Tommaso Natale, e Paolino Dalfone, indicato come mafioso di Brancaccio.
Agli atti dell'inchiesta che li riguarda finiranno anche i verbali del nuovo pentito che ha tradito i Lo Piccolo.
Il nuovo terremoto giudiziario che scuote le cosche parte proprio dalla scelta di Franzese di lasciare Cosa nostra: «Voglio collaborare con l'autorità giudiziaria per raccontare tutto ciò di cui sono a conoscenza sull'organizzazione mafiosa Cosa nostra, sulla famiglia di Partanna Mondello e sul mandamento di San Lorenzo, nel quale sono inserito». Sono queste le prime parole messe a verbale da Franzese davanti ai pm Domenico Gozzo e Gaetano Paci, della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Franzese era ricercato per un ergastolo inflittogli dai giudici di Messina dopo un omicidio. La sua prima deposizione ufficiale è del 14 novembre scorso, 9 giorni dopo l'arresto dei Lo Piccolo. «Ho fatto parte di Cosa nostra» ha debuttato Franzese. «Sono stato vicino ad alcuni esponenti mafiosi di Partanna Mondello, tra questi Giovanni Cusimano, così come risulta dal processo San Lorenzo 1, nel quale sono stato condannato definitivamente per associazione mafiosa».
Franzese ha raccontato così la storia della sua affiliazione alla mafia. «Avevo capito che Salvatore Lo Piccolo non aveva una buona considerazione di me perché aveva visto che portavo un tatuaggio e probabilmente sapeva che avevo fatto uso di droghe sicché non aveva reagito bene nei miei confronti. Le stesse cose erano state dette a Sandro Lo Piccolo, che però non le aveva ritenute rilevanti e infatti mi aveva accolto bene. Salvatore e Sandro Lo Piccolo, e Andrea Adamo (catturato a Giardinello coi due capimafia, ndr), rimasero un pò in disparte a parlare tra loro, e alla fine Sandro mi comunicò che sarei entrato a far parte di Cosa nostra. In quella occasione sono stato affiliato, con una vera e propria cerimonia con la santina e il giuramento... Sandro mi disse che dovevo occuparmi della famiglia di Partanna Mondello».
Ai pm del «pool» antimafia di Palermo, il nuovo collaboratore di giustizia ha raccontato altri particolari della vita di Cosa nostra ultima generazione: «Non so se i Lo Piccolo sapessero che avevo dei parenti nelle forze dell'ordine: in particolare, mio nonno materno era maresciallo dei carabinieri e mio nonno paterno era un maresciallo dell'esercito». Ma dopo alcune retate, spiega Franzese, «i Lo Piccolo avevano l'esigenza di riorganizzarsi e di arruolare il maggior numero di persone nella città di Palermo, e ritengo che fosse questa forse la ragione per cui non andarono per il sottile, sia con me che con altri. Sandro Lo Piccolo mi aveva detto che lui e suo padre erano competenti sino all'ultimo comune della provincia di Palermo in direzione di quella di Trapani. Nella città di Palermo il ruolo dei Lo Piccolo si era affermato fino a Brancaccio». Nella confessione di Franzese c'è anche il capitolo dei regali per la Pasqua 2006 da far avere a tutti gli «esattori» della cosca: una decina di affiliati sono indicati per nome, altri solo con le iniziali. A tutti i boss fecero avere 101mila euro.

martedì 27 novembre 2007

Mafia,sei arresti a Gela per pizzo su appalti

Mafia, sei arresti a Gela
per pizzo su appalti


GELA - Importanti arresti a Gela per sgominare il clan che imponeva il pizzo su appalti nell'indotto del petrolchimico. I carabinieri del Comando provinciale hanno eseguito sei ordini di custodia cautelare, uno dei quali interessa una donna, che riguardano presunti affiliati al clan mafioso degli Emmanuello, accusati di aver gestito appalti al petrolchimico di Gela. I provvedimenti sono stati firmati dal gip Giovambattista Tona, su richiesta del procuratore aggiunto di Caltanissetta Renato Di Natale e del sostituto della Dda Nicolò Marino.

Tra gli indagati il personaggio di maggiore spicco è Crocifisso Smorta, indicato come il reggente del clan Emmanuello. L'attività investigativa riguarda un arco di tempo compreso tra il 2001 e il 2005. Secondo gli investigatori in quel periodo Smorta, benché detenuto, riuscì egualmente a dirigere le estorsioni, facendo pervenire ordini a suoi uomini fuori dal carcere. Veniva taglieggiato un consorzio imprenditoriale, che avrebbe versato una tangente del tre per cento sulle commesse ricevute.

Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa e trasferimento fraudolento di valori. Le indagini hanno preso il via dalla ricerca di Alessandro Daniele Emmanuello, inserito fra i 30 latitanti più pericolosi d'Italia. Attraverso intercettazioni effettuate in carcere i carabinieri hanno individuato il reggente del clan Emmanuello, e poi l'uomo che curava gli interessi economici dell'organizzazione e i "postini", che dal carcere portavano all'esterno gli ordini dei boss nisseni.

Gli indagati, secondo gli inquirenti, attraverso alcune imprese come la "Co.na.pro" con sede a Roma (ora non più attiva), la "Gela gas srl", la "Sicurt 87" di Gela (non più attiva) e la "N&M srl" di Gela, tutte operanti nell'indotto del petrolchimico di Gela, per l'accusa in seguito alle pressioni esercitate dal clan mafioso, si aggiudicavano, fino a poco tempo fa, gran parte delle commesse della raffineria.

mercoledì 14 novembre 2007

comunicazione di servizio

E' ATTIVO IL FORUM DI LIBERA AREZZO

Libera Arezzo da oggi vi informa che è attivo il forum tramite la piattaforma di google gruppi.
vedi link qui sotto:
http://groups.google.it/group/libera-arezzo
o anche nella colonna a destra.
Essa ci permetterà tranquillamente da casa di comunicare ed intermediarie tra gli aderenti e non. Presto verranno aggiornato un archivio contenenti materiale fotografico e video,comunicati e verbali delle riunioni,e vi saranno aree dedicate per l'organizzazione di eventi.
Gli attuali aderenti verranno in questi giorni inseriti,per gli altri dovranno fare richiesta di adesione che verra poi confermata.
Pertanto invito tutti i membri di libera Arezzo di prendere questa piattaforma come nodo di comunicazione interna. Grazie da Libera Arezzo

martedì 13 novembre 2007

Palermo,arrestati i fiancheggiatori dei boss Lo Piccolo


Alcuni fiancheggiatori dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo sono stati arrestati durante la notte dalla polizia di Stato di Palermo.Gli agenti della sezione Catturandi della Squadra mobile hanno eseguito un provvedimento di fermo di polizia giudiziaria disposto dai pm della Dda che ha riguardato dieci persone.Si tratta degli uomini che che hanno messo a segno decine di estorsioni ai danni di commercianti e imprenditori,e sono accusati anche di traffico e spaccio di droga,detenzione e porto illegale di armi e riciclaggio.Dalle indagini emerge,infatti,che i boss avrebbero investito grosse somme di denaro proveniente dai traffici illeciti a dalle estorsioni,in attività legali intestate a prestnome.Gli investigatori della Squadra mobile hanno ricostruito la rete di estortori e trafficanti di droga che faceva capo ai boss Lo Picoolo.In particolare sono state documentate,attraverso le intercettazioni, estorsioni ai commercianti e imprenditori edili,in alcuni casi anche minacciati e picchiati per costringerli a pagare il pizzo.I provvedimenti di fermo sono stati disposti dai pm Francesco del Bene,Gaetano Paci e Domenico Gozzo.Si tratta di 5 persone,uno dei quali non è stata ancora arrestata.I quattro fermati dalla sezione Catturandi sono i fratelli Nunzio e Domenico Serio, di 29 e 28 anni,Vin cenzo Mangione,di 28 e Andrea Gioè di 40.Tutti sono pregiudicati.Secondo l' accusa,i fratelli Serio su mandato di Sandro Lo Piccolo e di suo padre Salvatore,pianificavano e mettevano in pratica attività illecite nel territorio della famiglia mafiosa di San Lorenzo.I Serio avrebbero anche curato,attraverso il " REGGENTE " di Partanna-Mondello,Francesco Franzese,arrestato lo scorso agosto e attualmente dichiarante,e con Antonino Nuccio,arrestato anche lui ad agosto,i rapporti con i vertici di altre famiglie mafiose.Soggetto di spicco è Andrea Gioè,perchè indicato come referente per Franzese e Nuccio,in relazione alle estorsioni da mettere in atto nella zona di Mondello.Il ruolo di Gioè è indicato personalmente da Sandro Lo Piccolo nei " PIZZINI " ritrovati nel covo in cui è stato arrestato Franzese.

venerdì 9 novembre 2007

COSA STA SUCCEDENDO IN CALABRIA?

E' una domanda che ho in testa da diverse settimane,qualche tempo fa è scoppiato il caso " De Magistris ".Sapete cosa è successo?Parto da qualche mese fa...precisamente da questa estate quando il nome del Presidente del Consiglio,Romano Prodi,è finito nel registro degli indagati dalla Procura della Repubblica di Catanzaro nell' ambito di una mega-inchiesta denominata dagli inquirenti " Comitato d' Affari " salita alla luce della ribalte con il nome di inchiesta " Why Not " : sotto indagine i finanziamenti europei ricevuti da alcuni imprenditori.Il coinvolgimento del premier nell' inchiesta sul " comitato d' affari " è stato procurato dal ritrovamento e dal successivo sequestro di un cellulare in uso ad Antonino Saladino.Nell' agenda di Saladino oltre ai numeri di altri personaggi già indagati ( tra questi i generali della Guardia di Finanza, Walter Cretella e Paolo Poletti,Luigi Bisignani iscritto alla loggia P2 e quello del senatore di FI, Giancarlo Pittelli )quello di Sandro Gozi ( ex funzionario dell' Unione Europea,assistente politico di Prodi e attualmente suo sostituto in Commissione Affari Costituzionali della Camera ) Pietro Scarpellini e di Romano Prodi )Palazzo Chigi ha sempre ribadito l' assoluta estraneità del premier.Su questo sono abbastanza scettico o almeno lo sono da quando ho ascoltato nella trasmissione di Santoro, " AnnoZero " , stralci di intercettazioni dove il Saladino si vantava di avere rapporti con persone potenti ed in particolare dove si congratulava del fatto che avesse potuto ricevere in questi anni cospicui fondi europei e statali.Sapete chi è Saladino?E'l'ex-Presidente della Compagnia delle Opere per il Sud d' Italia nonche titolare di numerose aziende.)Voi vi starete chiedendo perchè in questi mesi il nostro Ministro della Giustizia Clemente Mastella si sia scaldato tanto contro De Magistris e contro il Procuratore Capo Mariano Lombardi reo sempre secondo il leader dell 'Udeur di non aver " vigilato " abbastanza sull' operato del suo sottoposto.Il caro De Magistris non è la prima volta che solleva " polveroni " è titolare di alcune inchieste che hanno toccato,trasversalmente,diversi esponenti politici regionali e nazionali.Seguiva anche l' inchiesta denominata " Poseidone " , relativa alla gestione di fondi per la depurazione e l' ambiente.Quella volta l' indagine gli venne revocata dallo stesso Lombardi dopo che De Magistris aveva inviato un avviso di garanzia al senatore sopracitato Giancarlo Pittelli,coordinatore in Calabria di Forza Italia.Lombardi motivò la scelta di revocare l' inchiesta a De Magistris sostenendo che non era stato informato degli sviluppi.Anche stavolta l' inchiesta vuole essere tolta dalle mani dell' intrepido procuratore,Mastella anche stavolta sostiene che De Magistris si sarebbe rifiutato di riferire gli sviluppi dell' inchiesta a Mariano Lombardi,quest' ultimo sarebbe invece colpevole,come ho detto in precedenza ,di aver " vigilato troppo poco l' operato del suo sottoposto.Beh,non vorrei avervi annoiato,certo che di cose strane in Calabria ne stanno succedendo,mi sembra palese che cè una volontà da parte di alcuni politici di ostacolare l' operato di un procuratore della Repubblica,non serviva il mio intervento per capirlo ma certe cose è bene ripeterle,bisogna essere vigili ed attenti,altrimenti certi personaggi anche per propri e biechi interessi personali ostacoleranno sempre l' iter giudiziario.

MAFIA/ LO PICCOLO,30 ASSOCIATI 'ADDIOPIZZO' NELLA SUA BLACK LIST | Cronaca | ALICE Notizie

Un elenco con i nomi di una trentina fra imprenditori e commercianti che avevano aderito ad " AddioPizzo " , l' associazione che lotta contro il racket delle estorsioni,sarebbe stato trovato nel covo di Giardinello,dove lunedì è stato arrestato il boss Salvatore Lo Piccolo,il figlio Sandro ed altri due pericolosi latitanti.La notizia viene riportata dall' edizione odierna del " Giornale di Sicilia " secondo il quale nel corso della perquisizione la polizia avrebbe trovato un elenco scritto a mano e conservato tra i bloc notes con la contabilità delle cosche.Il sospetto degli investigatori è che quei nomi fossero segnati perchè obbiettivi da colpire o mettere a tacere con intimidazioni.Il rinvenimento del' elenco con i trenta nomi viene valutato attentamente,però,anche alla luce delle intercettazioni telefoniche fatte ad Antonino Rotolo,nelle quali il boss suggeriva ad un estorto di iscriversi all' antiracket così non avrebbe avuto problemi.Nel " libro mastro " del racket,rinvenuto nella villetta dove è stato arrestato Lo Piccolo,invece sarebbero scritti complessivamente cinquecento nomi di imprenditori e commercianti che pagavano il pizzo,a cominciare dalle sale Bingo e i centri scommesse del capoluogo siciliano,per finire con i ristoranti e i bar di Mondello e ai grandi magazzini.Fra le attività commerciali sottoposte al pizzo e costrette a pagare da un minimo di 500 euro ad un massimo di 20000 euro ( giro mensile attestato sui 3 milioni di euro )anche alcune ricadenti nella zona di Porta Nuova che ricadrebbe nel mandamento gestito da Antonino Rotolo,acerrimo nemico dei Lo Piccolo.Secondo sempre dati dell' associazione " AddioPizzo " ancora circa l' 80% degli imprenditori e dei commercianti a Palermo e Provincia pagano il pizzo,speriamo che adesso dopo l' arresto dei Lo Piccolo questa " tenaglia " abbia fine.

MONS. BREGANTINI LASCIA LOCRI, LACRIME E RABBIA


L' ultima messa di monsignor Giancarlo Maria Bregantini è stato un momento molto emozionante per la cittadinanza di Locri, un addio carico di rabbia,passione,lacrime e proteste,raccolte di firme da parte di chi c'era e anche da parte di chi non ha potuto assistere di persona all' ultimo atto di un vescovo così amato, così dentro il profondo sentire della sua gente.La Locride si è sentita come tradita ma il sentimento di un ennesimo abbandono è stato in verità di tutta la Calabria. Sisino Zito ex- senatore socialista,oggi sindaco di Roccella Jonica, ha dichiarato che Bregantini ha rappresentato non solo la tradizionale figura del prete antimafia ma qualcosa di più, " di molto di più " .Decine e decine di persone hanno affollato la Chiesa nel momento in cui l' episcopo leggeva la bolla papale.Nonostante Bregantini annunciasse di fatto la sua partenza dalla città non ha smesso neanche in quel momento di indicare la via del riscatto per la Calabria,di rivolgersi ai mafiosi per chiedere loro di fare ritorno " alla pace di Dio,nelle vostre famiglie,con azioni di coraggio e di perdono,vero profumo per i nostri paesi,rinunciando apertamente alla disonestà in tutte le sue forme perchè siete chiamati a più nobile bellezza ".Bregantini è stato ben 13 anni vescovo di Locri,punto di riferimento nella lottà alla criminalità e nel cercare la strada del riscatto sociale, fuori dai luoghi comuni e dalle generalizzazioni e criminalizzazioni.Di fronte al dolore manifestato dalla gente di Locri per la sua partenza, Bregantini dice che è " un reciproco dispiacere,perchè obbedire non è mai facile e sempre eroico.Voglio però cercare di rassenerare gli animi,che molto di quello che ho insegnato loro è stato maturato insieme, con i giovani e con i collaboratori, cresciuti ormai fisicamente e spiritualmente.Loro restano qui,ma hanno imparato un metodo.lo vivranno comunque e sempre intensamente. " Dopo la messa,Bregantini si è fermato a parlare con io giornalisti dicendo che non è mai stato l' espressione di una certa parte politica ma che la sua azione è sempre stata rivolta al bene comune.Il Presidente della Regione,Agazio Loiero,ha ringraziato il vescovo per il suo operato è ha rivolto parole di forte rammarico " il nome di Bregantini è troppo legato al cammino verso una Calabria diversa,quella che vogliamo costruire sottraendola ai bisogni sociali e ai ricatti criminali.Il vescovo si è dovuto trasformare in imprenditore per supplire alla miopia di tanti imprenditori che si tengono alla larga da aree problematiche come la Locride.Prima di trasferire il vescovo qualcuno avrebbe dovuto farle queste riflessioni.Avrebbe capito che la sua permanenza nella nostra terra era vitale " .

lunedì 5 novembre 2007




PALERMO - I boss latitanti Salvatore e Sandro Lo Piccolo sono stati arrestati a Carini. Irruzione della polizia in una villa di Carini, nel Palermitano, durante un vertice dei capimafia. Catturati anche i latitanti Andrea Adamo e Gaspare Pulizzi. Per gli inquirenti, Salvatore Lo Piccolo, 65 anni, era il nuovo capo di Cosa Nostra, leadership condivisa con Matteo Messina Denaro. Recuperati alcuni 'pizzini' del boss, che e' stato tradito da uno dei fedelissimi.




L'ASCESA 'SILENZIOSA' DI TOTUCCIO - Per gli investigatori e' il nuovo capo di Cosa Nostra. Ma la carriera di Salvatore Lo Piccolo, 65 anni, si e' conclusa in carcere come quella del suo predecessore Bernardo Provenzano. Il padrino, arrestato oggi dalla polizia, era latitante dal 1983; il figlio Sandro, 32 anni, catturato nello stesso blitz, era invece ricercato da sette anni dopo una condanna all'ergastolo. Per i non addetti ai lavori il nome non dice nulla, ma il voluto anonimato del buon ''Totuccio'' Lo Piccolo nasconde il cuore e la furbizia del vero capo. Il borsino di Cosa nostra lo colloca in cima alla scala, sullo stesso gradino di Matteo Messina Denaro, il boss trapanese in lotta con Lo Piccolo per la leadership dell'organizzazione. ''Totuccio'' ha navigato a vista flirtando con successo coi corleonesi di Toto' Riina, senza mai esporsi del tutto. Gia' condannato all'ergastolo, ha eliminato parecchia gente e ha fatto ricchi traffici con la cocaina e con gli appalti pubblici.

E' in contatto con i ''cugini'' d'America, con i quali ha avviato affari oltreoceano, ed ha messo le mani sul fiorente mercato del pizzo alle imprese del mandamento mafioso di San Lorenzo, che costituisce una delle articolazioni piu' vaste dell'organizzazione mafiosa. Il territorio dei Lo Piccolo comprende non solo la parte nord-occidentale della zona metropolitana di Palermo, ma anche le famiglie dei comuni di Capaci, Isola delle Femmine, Carini, Villagrazia di Carini, Sferracavallo e Partanna-Mondello. Dopo la cattura del capomafia trapanese Vincenzo Virga, Lo Piccolo ha esteso la sua influenza anche ad alcune zone della provincia di Trapani. Sandro e Salvatore Lo Piccolo restano pero' i ''padroni'' dello Zen, una vasta zona a residenza popolare alla periferia della citta', inesauribile serbatoio di manodopera e formidabile nascondiglio per ogni genere di necessita'. ''Totuccio'' ha iniziato la sua scalata al vertice dell'organizzazione dopo essersi messo sotto l'ala protettrice di Bernardo Provenzano, con il quale aveva costanti rapporti personali ed epistolari attraverso i famigerati ''pizzini''.

Col tempo e con una regia accorta di alleanze ha consegnato al vecchio padrino corleonese mezza citta'. Gli ha offerto un braccio armato di cui era sprovvisto. Ne ha ricevuto in cambio un via libera incondizionato alla sua ascesa ''silenziosa''. La storia del clan Lo Piccolo e' relativamente recente: punta al controllo degli appalti, a partire dalla realizzazione degli svincoli autostradali, estorsioni e guardianie. Ma anche attraverso l'esazione sistematica di una quota sociale per le utenze elettriche: 15 euro per non avere problemi e tenere le lampadine accese nei cubi di cemento con i muri in cartongesso dello Zen2. Con l'incoronazione che li ha fatti padrini, i Lo Piccolo hanno avviato una vera e propria campagna di reclutamento, annettendosi anche un pezzo della vecchia mafia di San Lorenzo e Tommaso Natale: due mandamenti che sono da sempre un termometro sensibile di cio' che accade all'interno dell'organizzazione. La tregua e' rotta di rado. E l'atmosfera che i boss impongono e' quella di una calma piatta che tiene lontani guai e curiosita'. Cosi' come ha insegnato loro Bernardo Provenzano. Mezza imprenditoria che ha messo radici da quelle parti e' stata coinvolta in indagini antimafia: per collusioni e intimidazioni. Cosi' anche l'elenco dei fiancheggiatori dei Lo Piccolo, degli amici, degli indifferenti e' lunghissimo. Con una costante ricorrente. Nei racconti dei pentiti, padre e figlio sono sempre da qualche parte dello Zen: visibili a tutti meno che ai segugi dell'antimafia. Visibili e mobilissimi.

L'ultimo collaboratore di giustizia, Francesco Campanella, esponente politico di Villabate, cittadina alle porte di Palermo, racconta che in un bar Totucccio Lo Piccolo avrebbe incontrato Bernardo Provenzano. In un altro interrogatorio, sempre Campanella, conferma quel che gia' era noto: l'asse di ferro che lo lega a Matteo Messina Denaro, il principe del Trapanese. Un patto cementato ancora una volta durante un incontro ravvicinato. Una stretta di mano tra i due boss destinati, ciascuno a suo modo, a un futuro da re nell'era dei postcorleonesi. Ma anche il nuovo capo di Cosa Nostra e' finito in cella, mentre il cerchio attorno a Messina Denaro si stringe ogni giorno di piu'.

sabato 3 novembre 2007

PROSSIMA RIUNIONE LIBERA AREZZO

carissimi e carissime,
vi informo che GIOVEDI' 8 NOVEMBRE (giovedì prossimo!) alle ore 18.00 presso la sede dell' ARCI AREZZO si terrà la riunione di LIBERA AREZZO.
con il seguente odg:
- situazione generale
- prossime iniziative ( festa a Giovi, cena della legalità.)
- Libera Formazione situazione e prospettive future
- Libera Informazione situazione generale
- Accordo Radio Wave - Libera Radio
- varie ed eventuali!

Vi aspettiamo.. per chi non fosse mai venuto, l'arci di arezzo si trova lungo il Corso Italia, 205.
3° piano a sx!

lunedì 29 ottobre 2007

VITAMINA L



In questo paese per fortuna ci sono ancora persone che ti fanno essere orgoglioso di essere italiano;ti danno la forza e la convinzione di restare nella tua terra per portare avanti le speranze che sorgono nella giovinezza.

Purtroppo viviamo in un paese malato dove per combattere questa eterna malattia abbiamo bisogno di tante vitamine,ed una di queste è la VITAMINA L,ovvero della legalità, del lavoro onesto, della libertà di non pagare il pizzo,della libertà di vedere, sentire e parlare.

Della libertà di veder difeso un sacrosanto diritto: IL DIRITTO ALLA PAROLA.

Le mafie fino a ieri toglievano la vita alle persone,oggi fanno ancora peggio: tentano di togliere l'anima delle stesse infiltrandosi sempre più nel quotidiano di un individuo; nel sistema economico di una società, addentrandosi nella politica al fine di condizionare qualsiasi meccanismo della società stessa.

Noi di libera arezzo, nel nostro piccolo, cerchiamo di contrastare tutto questo,e sabato 27 ottobre abbiamo avuto l'onore di avere con noi un grandissimo dispensatore di VITAMINA L, come gia annunciato post passati; ROSARIO CROCETTA è venuto a farci visita,si è presentato la mattina presso il liceo scentifico,ha raccontato un po di sè,di come ha dichiarato guerra a questa organizzazione criminale.

I ragazzi e le ragazze presenti erano attenti,e assai consapevoli rispetto a molte generazioni precedenti che con la loro omertà hanno indirettamente contribuito alla creazione di una metastasi sociale.

Saro Crocetta si è dimostrata una persona che la politica la fa in mezzo alla gente e non nei rotocalchi televisivi; la domenica se va allo stadio non va in tribuna vip ma va in curva in mezzo ai veri tifosi.
Ama farsi dare del tu, da tutti.

Ascoltava tutti,e dico tutti,senza mai esitare un attimo.

Ha dato un chiaro esempio di come si possa dare fiducia alle istituzioni,basti pensare che la sua città è quella dove ci sono state più denunce di racket rispetto tutta la provincia di palermo.

Non sapremo mai se le mafie verranno sconfitte,ma la certezza è che di battaglie, ne dovremmo fare tante,ma il senso di uno stato pulito ed il ripudio di questo male nazionale, ha unito un gruppo di persone qui ad arezzo che appoggerà e si metterà a fianco di chi lotta le mafie.

Presto on line i video della giornata.

mercoledì 24 ottobre 2007

AREZZO


GIORNATA DELLA LEGALITA

SABATO 27 OTTOBRE

Ore 10.00

Presso il Liceo Scientifico Francesco Redi

Incontro con


ROSARIO CROCETTA





Sindaco di Gela

Interverranno

Donella Mattesini, Vice-sindaco di Arezzo

Vanna Van Straten, Libera Toscana

Francesco Romizi, Libera Arezzo


Ore 17.30

Presso la Libreria Mondadori in Corso Italia 193

Presentazione del libro “Io ci credo. Gela città della Legalità”

Sarà presente l’autore, ROSARIO CROCETTA


Ore 19.30

Presso il Centro di Aggregazione Sociale Colle del Pionta

Aperitivo della legalità e proiezione del film “in un altro paese”


Ore 20.30

CENA DELLA LEGALITA

Presso il Centro di Aggregazione Sociale Colle del Pionta

Sarà presente ROSARIO CROCETTA

Cena con i prodotti delle cooperative che lavorano nei terreni confiscati alla mafia.


Per prenotazioni telefonare ai numeri

333\7360994 e 320\0975466 o arezzo@libera.it





Con la collaborazione e il contributo di


venerdì 12 ottobre 2007

ROSARIO CROCETTA, SINDACO DI GELA, SARA' AD AREZZO SABATO 27 OTTOBRE.

Martedì 16 Ottobre Riunione di Libera Arezzo per discutere della giornata con Rosario. ( iniziativa nella scuola, iniziativa pubblica e cena)

MARTEDI ORE 18.00 PRESSO L'ARCI DI AREZZO IN CORSO ITALIA, 205.

per info su Rosario Crocetta vedi:

it.wikipedia.org/wiki/Rosario_Crocetta


martedì 2 ottobre 2007

In sostegno del sindaco di Gela Rosario Crocetta





La nostra associazione si occupa di lotta alla mafia è
preciso dovere sostenere chi è impegnato in questa lotta in prima linea.
Tra queste persone vi è il sindaco di Gela, Rosario Crocetta, che forse avremo la fortuna ed onore di incontrare prossimamante proprio ad arezzo.In merito vi forniremo aggiornamenti e dettagli.
E' una di quelle persone che affrontano la lotta alla mafia come un istinto naturale, come un percorso che non ha alternative.


Rosario Crocetta (vedi sopra),
ha nel cuore questo suo impegno, ed il suo agire non è dettato da secondi fini. Per questo spesso
può dare fastidio. E lui dà fastidio e parecchio.Vi invito a leggere il seguente articolo
Per noi non sono eroi e non devono diventare eroi, sono persone pure, limpide ed oneste che odiano il male. Sono quelle persone che dovremmo essere tutti affinché la mafia sia
finalmente sconfitta. intervenire, se la lotta alla mafia è obiettivo vostro prioritario.
Grazie,
i ragazzi di libera Arezzo

Rosario Crocetta sindaco di Gela non ha mai smesso di far parlare di se
fin dal giorno della sua elezione, nel maggio 2002, avvenuta in un'aula di
tribunale, quando il Tar annulla 500 schede in cui gli elettori hanno
aggiunto al nome già stampato, lo stesso nome scritto a mano del candidato
sindaco della Cdl. Schede che, in un primo momento, erano state ritenute
assurdamente valide permettendo l'elezione del sindaco della destra.
L'altro motivo per cui Crocetta era finito sui giornali è l'essere il
primo sindaco gay dichiarato d'Italia.Insomma un comunista omosessuale a
capo della quarta città più grande della Sicilia, ma soprattutto di una
città nota per la violenza ed il controllo mafioso, fa notizia.
Subito dopo, però hanno iniziato a fare notizia anche le decisioni ed il
lavoro di Rosario Crocetta.
In una città di frontiera, infatti, mettendo a rischio la propria vita,
inizia a scardinare tutti quei meccanismi di controllo e di gestione della
cosa pubblica che nessuno aveva mai provato a toccare. E questo ha
cominciato a dare fastidio a molti, forse a troppi.
Intanto, il 21 marzo 2004, ventimila persone (stima della questura)
sfilano per le strade di Gela chiamate a raccolta da Libera e
dall'amministrazione comunale per manifestare contro le mafie ed in
ricordo di tutte le vittime.


Tanto per essere precisi stiamo parlando di
una città in cui 20 anni fa i ragazzi sparivano.
La mattina andavano a scuola e poi non tornavano più. Oppure uscivano la
sera e facevano la stessa fine. Poi magari si scopriva che erano il
fidanzato, l'amica, il parente del figlio o della figlia di questo o quel
mafioso e che venivano uccisi e fatti scomparire per colpire, minacciare,
intimidire, punire il nemico.
Il caso Gela di questi giorni è presto spiegato: i Ds, precisamente l'ex
capogruppo all'Ars Calogero Speziale, annunciano la sfiducia a Crocetta, e
sette assessori su nove si dimettono.
L'accusa è di aver portato il malcontento in città. Crocetta invece
sostiene che lo si accusi di aver rovinato i piani dei Ds appoggiando
(com'era naturale) la lista Uniti per la Sicilia con cui il suo partito
s'è candidato alle recenti elezioni regionali. Il dubbio che sorge è che,
in vista delle prossime amministrative qualcuno stia giocando per impedire
a Crocetta di candidarsi. Ora è chiaro che in una città così il sindaco ha dovuto amministrare per
anni col pugno di ferro, e la cosa ha infastidito alcune persone molto
potenti. Lo abbiamo raggiunto al telefono e ci ha spiegato che lui proprio non
capisce. Non c'è un problema di dialogo perché i suoi assessori "sono
tutti stati indicati dai partiti".Il lavoro fatto "è stato tantissimo".
"In 3 anni - sostiene Crocetta - sono cominciati lavori per 150 milioni di
euro. Ora saranno messe in cantiere opere per
oltre 50 milioni per la riqualificazione urbana." "Non si capisce proprio
-continua il sindaco - di quale insufficienza amministrativa mi si possa
accusare". In effetti il lavoro svolto dall'amministrazione di centrosinistra a Gela
è stato grandissimo ed anche molto importante. Persino la squadra di
calcio, che oggi ha come sponsor la federazione nazionale antiracket, è
"stata tolta dalle mani della mafia". Molti i dirigenti comunali che sono
stati allontanati per connivenze mafiose, o per una gestione "privata"
della cosa pubblica.
"Gli incarichi vanno dati attraverso concorsi e verifiche" - afferma
Crocetta -"invece a Gela non è mai stato così. Bisognava fare pulizia e
noi l'abbiamo fatta".
Negli ultimi tempi il sindaco è anche riuscito a togliere dalle mani di
Cosa Nostra l'appalto per il tribunale. "Il grande processo di cambiamento
che abbiamo avviato è il più importante dal dopoguerra - conclude il
sindaco - tanto che oltre che per la mia incolumità personale, ho temuto
che scoppiasse una guerra di mafia". Invece la guerra gli è scoppiata in casa.
Tante le reazioni all'iniziativa di Speziale che di fatto sfiducia il
sindaco. C'è chi è pronto a scendere in piazza, e chi, come l'eurodeputato
Ds Fava parla di "iniziativa personale e irresponsabile". E poi aggiunge
che "l'iniziativa del centrosinistra di Gela contro il sindaco Rosario
Crocetta è un atto di farneticazione politica. L'esperienza di Crocetta
alla guida di una delle città più difficili del paese è stata in questi
anni una risorsa di trasparenza e di legalità al servizio di tutti i
siciliani".

Insomma si apre uno strano capitolo nella sempre travagliata storia del
centrosinistra siciliano. La speranza è che per incomprensibili giochi di
potere non si metta in discussione, o peggio non si distrugga,
l'importante lavoro svolto in questi anni a Gela. Una città che aveva
ripreso a sperare.