sabato 2 febbraio 2008

Catania, le mani di Cosa Nostra sulla festa di Sant'Agata

Le mani della mafia sulla festa di Sant'Agata. Dal 1999 al 2005 Cosa nostra ha trasformato in un redditizio business la devozione alla patrona di Catania, dettando tempi e ritmi della processione religiosa, controllando l'affare dei fuochi d'artificio e della vendita della cera, lucrando persino sulle bancarelle e sulle entrate dei venditori di palloncini e dolci. E' la tesi della Procura della Repubblica che fatto notificare l'avviso di conclusione indagini a otto presunti appartenenti alla 'famiglia' Santapaola e Mangion. Il reato ipotizzato e' associazione mafiosa finalizzata ad ottenere ingiusti vantaggi. E' quanto emerso dall'inchiesta iniziata nel 2005. Le risultanze dell'indagine condotta dai magistrati Carmelo Petralia, sostituto della Direzione nazionale antimafia, e da Antonino Fanara della procura distrettuale hanno consentito di notificare ieri l'avviso di conclusione delle indagini, che prelude al rinvio a giudizio, ad affiliati alle famiglie mafiose.Gli indagati sono Nino Santapaola, 47 anni, nipote del boss Benedetto; il figlio minore di quest'ultimo, Francesco, 35 anni; Salvatore Copia, 38; quattro esponenti della famiglia Mangion, Enzo, 49 anni, Alfio, 35, Vincenzo, 31, e Agatino, 25; e l'ex presidente del Circolo S.Agata alla Collegiata, Pietro Diolosa', 54. Il 'controllo' della festa, secondo l'accusa - ne riferiscono oggi alcuni quotidiani - avveniva proprio attraverso il Circolo S.Agata, che gestisce le uscite e le fermate del fercolo con il busto reliquiario della Santa Patrona e delle Candelore, ceri di legno portati a spalla che vengono fatti 'annacare' (ballare) durante la processione. La Procura ritiene che la gestione della festa per la 'famiglia' fosse piu' importante sul fronte dell'affermazione del potere che per il profitto generato dalle 'fermate' davanti a certe bancarelle piuttosto che altre.
Importante la figura dell'ex presidente del Circolo dei "devoti", Diolosa', 54 anni, accusato di concorso in associazione mafiosa: sarebbe stata la "chiave" che avrebbe agevolato l'ingresso di Cosa nostra nell'affare dei festeggiamenti, controllando financo l'ingresso del fercolo portato in processione fino in cattedrale. Secondo i magistrati l'interesse degli indagati era proprio "ottenere il controllo di fatto della gestione dell'associazione cattolica, sodalizio che svolge un ruolo determinante nell'organizzazione e concreta realizzazione dei festeggiamenti per la santa patrona e nella direzione di alcune significative manifestazioni di culto e devozione per la santa, in tal modo realizzando profitti e vantaggi ingiusti per se' e per gli altri". Diolosa' , in particolare, secondo i magistrati, quale presidente del circolo dal '99 al 2005, "avrebbe messo a disposizione di tutti gli altri indagati le strutture del centro e i posti di maggior rilievo e visibilita' nell'ambito dello stesso, in tal modo fornendo consapevolmente un contributo costante e concreto al perseguimento e alla realizzazione delle finalita' illegali dell'associazione". Prolungare i tempi della festa, significava, ad esempio, accrescere i ricavi. Ed erano monitorate dai clan anche le risorse legate all'ingente quantitativo utilizzato di fuochi d'artificio, i compensi per i portatori di candelore - i pensantissimi ceri di legno portati da sei o otto uomini - e il giro di scommesse clandestine collegato ai festeggiamenti. Non erano indifferenti neppure le decisioni su dove piazzare le bancarelle o dove far sostare il fercolo, magari sotto i balconi di un boss: una sorta di riconoscimento del suo potere, realizzando la suggestiva e torbida commistione tra mafia e malintesa religiosita'. I magistrati, in particolare, hanno individuato quattro forme di pressione che producevano indubbi vantaggi all'organizzazione criminale: "Il governo della tempistica dei festeggiamenti (soste della processione, tempi e luoghi dell'esplosione dei fuochi d'artificio, orari del rientro del fercolo in cattedrale"; poi la "conseguente incidenza sul commercio ambulante e stanziale, favorito dalla scelta dei tempi e luoghi delle soste"; terzo, la gestione dei flussi economici leciti (vendita e rivendita della cera, commesse per i fuochi d'artificio, compensi per i portatori delle candelore) e illeciti (scommesse), collegati ai festeggiamenti patronali"; infine, "la penetrazione dell'associazione mafiosa Santapaola-Ercolano in una delle manifestazioni di maggiori rilievo simbolico per la comunita' catanese, con conseguente accrescimento del prestigio criminale dell'organizzazione e affermazione della stessa, come uno dei centri di potere della citta'".

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