venerdì 19 settembre 2008

MASSACRO NEL CASERTANO, 7 MORTI E UN FERITO


I bossoli trovati a terra sono la conferma, a tarda notte: l'agguato di Baia Verde e la sparatoria di Castelvolturno di ieri sera nel Casertano potrebbero avere la stessa matrice, quella della camorra.Una strage che si conclude con sette morti e un ferito gravissimo. Una sequenza di fatti agghiaccianti: i sicari colpiscono a Baia Verde, uccidono un italiano, Antonio Celiento, 53 anni, ritenuto affiliato al clan degli Schiavone. Venti minuti dopo - ''al secondo goal del Napoli'', riferisce qualcuno dei presenti - poco lontano, al km 43 della Domitiana, si uccide di nuovo: restano a terra tre ghanesi, un liberiano e un cittadino del Togo. Poi stamattina e' morto nell'ospedale di Pozzuoli (Napoli), dove era stato ricoverato in gravissime condizioni, il sesto immigrato di origine africana (un cittadino liberiano).Sul posto vengono trovati 84 bossoli, sono state utilizzate una pistola 9x21 e una mitraglietta 7.62; corrispondono a quelli trovati a Baia Verde, dove il corpo della prima vittima e' stato crivellato con 20 colpi. Il riconoscimento avviene grazie alle persone che accorrono sul posto. Momenti di fortissima tensione: una folla di extracomunitari aggredisce le forze dell'ordine. Calci, pugni, spintoni, si ribalta un cassonetto dell'immondizia, insulti, maledizioni al grido di ''italiani tutti bastardi''. Qualcuno collabora anche, pero': testimoni raccontano alla polizia di aver visto un'auto dotata di lampeggiante, con quattro persone a bordo: i sicari avrebbero indossato dei giubbotti con la scritta carabinieri. In nottata viene ritrovata un'auto bruciata, fra Nola e Villa Literno, quasi irriconoscibile. Obiettivo del commando erano certamente i tre uomini all'interno di un negozio - ''Ob Ob exotic fashions'' c'e' scritto all'ingresso - al civico 1083: rivoli di sangue scorrono fra le macchine da cucire di una piccola sartoria a soqquadro, piena di stoffe e cotone colorato. Restano sotto i colpi anche un giovane a bordo di un'auto - non ha avuto neanche il tempo di levarsi la cintura di sicurezza - e un altro africano freddato a pochi passi dalla vettura. Sul posto arriva il coordinatore della DDa di Napoli Franco Roberti; la firma della camorra, nella terra dei Casalesi, e' praticamente evidente, per gli inquirenti. Cento metri piu' in la' inizia il comune di Napoli: la strage e' avvenuta in un territorio popolato da extracomunitari - per lo piu' nigeriani e ghanesi - che portano avanti una fiorente attivita' di spaccio. Un rifiuto alla camorra, magari di fronte alla pretesa di una tangente supplementare, potrebbe aver innescato l'attrito fra extracomunitari e criminalita' organizzata. Un mese fa c'era stato un primo avvertimento, raccontano gli investigatori: al vicequestore Luigi del Gaudio vengono in mente gli spari contro l'abitazione di un nigeriano conosciuto come Teddy. Tutto quello che e' accaduto fra ieri sera e stanotte, pero', nel Casertano, a molti sembra inedito; la strage di San Gennaro, nella terra di Gomorra, non ha precedenti.

ARRESTATO BOSS PELLE, DECISE STRAGE DI NATALE A S. LUCA


Francesco Pelle, il boss della cosca calabrese ritenuta responsabile della faida che ha portato alle stragi di San Luca e di Duisburg, e' stato arrestato la scorsa notte dai carabinieri in una clinica di Pavia, dove era ricoverato sotto falso nome. Pelle, 32 anni, detto 'Ciccio Pakistan', era latitante dal 30 agosto dello scorso anno perche' ritenuto il mandante della strage di Natale a San Luca. Nell'agguato, compiuto il 25 dicembre 2006, rimase uccisa Maria Strangio, moglie di Giovanni Luca Nirta, ritenuto uno dei capi dell'omonima cosca, e tre persone, tra le quali un bambino di cinque anni, rimasero ferite. Il delitto, secondo l'accusa, fu deciso da Francesco Pelle per vendicare un tentativo di omicidio subito il 31 luglio 2006 nel quale perse l'uso delle gambe. Il boss, per il ricovero alla Fondazione Maugeri, istituto a carattere scientifico ubicato appena fuori la citta', aveva presentato la fotocopia di una carta d'identita' intestata a un uomo di origine calabrese, realmente esistente, e anch'egli paraplegico dopo un incidente stradale. Era ricoverato nel reparto di neuroriabilitazione in una stanza spaziosa, singola con bagno, televisione e un divanetto. Qui lo hanno prelevato i carabinieri, mentre navigava in Rete da un computer portatile: lo hanno accompagnato fuori dalla clinica su una carrozzella e portato nel centro clinico del carcere di Opera (Milano).