sabato 15 marzo 2008

Mafia: giornata memoria, Don ciotti, insieme per cambiamento


"Il cambiamento necessario per la lotta alla mafia ha bisogno del 'noi', del lavorare tutti per prendersi cura delle fragilità che sono intorno a noi e segnare percorsi nuovi".
Lo ha detto il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, che oggi a Bari ha presentato la XIII giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime di mafia, che si svolgerà domani in città alla presenza, tra gli altri, del presidente della Camera, Fausto Bertinotti, e del ministro degli esteri, Massimo D'Alema. Parlando dello sforzo comune necessario per realizzare davvero la lotta alla mafia, don Ciotti si è rivolto agli imprenditori: "siate portatori sani di legalità dentro le vostre aziende - ha detto - per essere costruttori di opportunità per le persone: è questa l'economia sana, la scelta che possiamo fare insieme". "Saranno qui a Bari centinaia di famigliari delle vittime di mafia ma anche di coloro che hanno perso la vita in altre forme di violenza - ha detto ancora - provenienti da tutta Italia e che hanno trovato la forza di uscire dal dolore e rimettersi in gioco, diventare punto di riferimento della grande rete di Libera". "Insieme a loro - ha proseguito - ci saranno ragazzi di 30 nazioni dell'Unione Europea e non, perché la risposta alla globalizzazione del crimine è la globalizzazione di chi lo combatte".(

Cento passi verso il 15 marzo: "Palermo ricorda Eddie Cosina"


Il 14 Marzo 2008 alle ore 9.30 la famiglia di Eddie Cosina, vittima di mafia friulana, incontrerà insieme ad una scolaresca di Trieste della Scuola Media "Stuparich" gli allievi della Scuola Media "Cesareo" di Palermo.L'iniziativa, in ricordo del sacrificio del poliziotto di Muggia (Trieste) ucciso insieme al magistrato Paolo Borsellino nel 1992, è organizzata da Libera Palermo e da Libera Friuli Venezia Giulia nell'aula magna dell'istituto posto nella borgata "Guadagna", il quartiere che ha dato i natali al pentito Scarantino che confessato di aver partecipato in prima persona alla strage di Via D'Amelio.L'incontro, a poche ore dalla partenza dei pulman da Palermo per Bari, si inserisce nella programmazione dei "Centopassi verso la Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime di mafia" e rappresenta un momento di confronto, da Nord a Sud, sull'importanza del ricordo delle vittime innocenti della violenza di mafiosa per la costruzione di una società più giusta e libera.

Mafia: giornata memoria, Don ciotti, insieme per cambiamento


"Il cambiamento necessario per la lotta alla mafia ha bisogno del 'noi', del lavorare tutti per prendersi cura delle fragilità che sono intorno a noi e segnare percorsi nuovi". Lo ha detto il fondatore di Libera, don Luigi Ciotti, che oggi a Bari ha presentato la XIII giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime di mafia, che si svolgerà domani in città alla presenza, tra gli altri, del presidente della Camera, Fausto Bertinotti, e del ministro degli esteri, Massimo D'Alema. Parlando dello sforzo comune necessario per realizzare davvero la lotta alla mafia, don Ciotti si è rivolto agli imprenditori: "siate portatori sani di legalità dentro le vostre aziende - ha detto - per essere costruttori di opportunità per le persone: è questa l'economia sana, la scelta che possiamo fare insieme". "Saranno qui a Bari centinaia di famigliari delle vittime di mafia ma anche di coloro che hanno perso la vita in altre forme di violenza - ha detto ancora - provenienti da tutta Italia e che hanno trovato la forza di uscire dal dolore e rimettersi in gioco, diventare punto di riferimento della grande rete di Libera". "Insieme a loro - ha proseguito - ci saranno ragazzi di 30 nazioni dell'Unione Europea e non, perché la risposta alla globalizzazione del crimine è la globalizzazione di chi lo combatte".

giovedì 13 marzo 2008

E' TROPPO GRASSO PER LA CELLA


Curioso episodio quello che vede protagonista un presunto mafioso. Il tribunale del Riesame di Palermo ha disposto la scarcerazione per il 36enne Salvatore Ferranti a causa della sua obesità.
L’uomo, indagato per associazione mafiosa ad uno dei clan fedeli ai boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, pesa 210 chili, e per questo i suoi avvocati Raffaele Bonsignore e Giuseppe Giambanco hanno chiesto ed ottenuto dal tribunale la sua liberazione e la commutazione della pena detentiva in arresti domiciliari. La Procura, che aveva espresso parere contrario, non ha però fatto appello e la decisione non è più impugnabile in Cassazione. I giudici hanno deciso di concedergli il beneficio perchè nessuna delle strutture in cui era stato rinchiuso era in grado di assicurargli un trattamento che tutelasse e rispettasse la sua dignità umana. In uno dei carceri dove è stato detenuto non c’era una bilancia su cui pesarlo, in un’altra non riusciva a passare dalla porta, in un’altra ancora la sua presenza aveva obbligato la direzione ad assegnargli un agente di polizia penitenziaria che doveva occuparsi, notte e giorno, di aiutare Ferranti nelle sue necessità giornaliere, fisiologiche e di movimento. Non è la prima volta che l'obesità apre le celle a un detenuto: due anni fa Aristide Angelillo, 42 anni, napoletano, che pesava ben 270 chili, era stato rimesso in libertà. Nove mesi prima, nel carcere di Parma, era morto un 32enne che pesava 260 chili. Secondo i giudici del Riesame “le condizioni di salute di Ferranti non hanno trovato una degna sistemazione che abbia reso compatibile con la detenzione la grave obesità da cui l'indagato è affetto”.

martedì 11 marzo 2008

Il programma del 15 marzo a Bari


XIII giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie
La XIII Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie promossa da Libera in collaborazione con Avviso Pubblico si svolgerà il 15 marzo 2008 a Bari (data anticipata di una settimana rispetto al tradizionale e ufficiale 21 marzo, coincidente con il prossimo venerdì santo). La giornata con il patrocinio della Regione Puglia, della Provincia e della Città di Bari ricorda tutte le vittime innocenti delle mafie – su quelle pugliesi, circa quaranta, è calato il silenzio - e rinnova in nome di quelle vittime l’impegno di contrasto alla criminalità organizzata. La Giornata della Memoria e dell’Impegno è dedicata a tutte le vittime, proprio tutte.
Dai nomi più famosi a quei semplici cittadini, magistrati, giornalisti, operatori delle forze dell’ordine, imprenditori, sindacalisti, sacerdoti, esponenti politici e amministratori locali morti per mano delle mafie solo perché, con rigore e coerenza, hanno compiuto il loro dovere. Il programma delle giornate:Venerdì - 14 marzo 2008Ore 11.00 Conferenza stampa di presentazione convenzione Libera Terra e Unipol presso il Comune di BariSaranno presenti Luigi Ciotti e Pierluigi Stefanini (Presidente Unipol)ore 11.00 Assemblea di Avviso Pubblico a Bitontoore 14.00 presso la Fiera del Levante di Bari assemblea di chiusura di FLARE (Freedom Legality And Rights in Europe)ore 16.00 Incontro dei familiari delle vittime con le delegazioni internazionali del programma FLARE, con le scuole e le istituzioni.ore 18.00 Veglia di preghiera in Cattedrale in ricordo delle vittime delle mafieore 21.00 Fiera del Levante Bari “Poliziotta per amore”Monologo teatrale scritto da Nando Dalla Chiesa e interpretato da Beatrice LuzziSabato - 15 marzo 2008ore 9.00 Raduno dei partecipanti a Punta Perottiore 10.00 Inizio del corteo con la lettura dei nomi delle vittimeore 12.00 Arrivo del corteo in Piazza della Libertà. Saluti dei familiari e delle autoritàore 15.00 - 17.30Workshop• “Minori e mafie”• “I ragazzi d’Italia si incontrano”• “L’Europa contro le mafie”• “Mafie e corruzione: strumenti di prevenzione e contrasto nelle pubbliche amministrazioni”ore 18.00 Concerto finale e partenza dei partecipanti15 marzo - animazione delle piazze nel pomeriggioPiazza del FerrareseSpettacolo “Moda Nostra” di Casa Comune Area Teatro (di Augusta) Animazione a curade La Farandula (di Bari)Piazza della LibertàAnimazione di strada e giocoleria del presidio Peppino Impastato - MoncalieriGruppo percussioni del Senegal del presidio Rita Atria - ChieriPiazza Garibaldi ore 14.30Spettacolo “Speranze” su Peppino Impastato del Presidio Harry Loman - Torinoore 16.30Spettacolo di Alessandro Langiu “Crack’s Epoc”.

Romizi, Libera: "Soddisfazione per il conferimento della cittadinanza onoraria a Crocetta"


Dichiarazione di Francesco Romizi , Responsabile di Libera Arezzo
Intendo salutare e ringraziare pubblicamente, a nome dell'Associazione Libera Arezzo, il Sindaco di Bucine Sauro Testi e tutta l'amministrazione comunale per il conferimento a Rosario Crocetta, Sindaco di Gela, della cittadinanza onoraria.Tale conferimento avverrà domani pomeriggio presso il Consiglio Comunale di Bucine e sarà dato per l' impegno di Rosario in favore della legalità e della trasparenza; per aver contribuito, in maniera chiara ed inequivocabile, a sensibilizzare l'opinione pubblica e la politica, non solo a livello regionale ma anche a livello nazionale, alla lotta a Cosa Nostra e al racket; per il suo impegno in favore dell'affermazione piena dei diritti civili e della laicità dello Stato.
Rosario Crocetta è un grande amico dell'associazione Libera e assieme a noi, anche in Provincia di Arezzo, ha contribuito a numerose iniziative e a numerosi appuntamenti volti alla promozione della cultura della legalità democratica. Siamo orgogliosi di sapere che Rosario presto sarà cittadino onorario di una città della nostra Provincia; nella speranza che possa continuare la sua battaglia in Sicilia e in Italia.

Otto anni per scrivere una sentenza, boss liberi

IL CASO. Gela, il giudice che li ha condannati:"Adesso non ho tempo". Inutili i richiami del Csm.


Due mafiosi condannati otto anni fa a 24 anni di reclusione ciascuno, la moglie del boss Piddu Madonia condannata a 8 anni di reclusione e altri quattro favoreggiatori di Cosa nostra condannati a pene minori, sono liberi da 6 anni perché il giudice che emise la sentenza, Edi Pinatto non ne ha ancora scritto le motivazioni. È un record, s'intende negativo, della giustizia italiana che ancora oggi rimane tale e che fa gridare allo scandalo il sindaco di Gela, Rosario Crocetta, che si è rivolto al ministero della Giustizia: "Non si può - dice - consentire che in uno Stato democratico basato sul diritto, lo Stato condanni ed un magistrato, a distanza di quasi otto anni non depositi una sentenza per cui un intero clan mafioso è in libertà e gira tranquillo per la mia città". Edi Pinatto, 42 anni, da sette, da quando ha lasciato Gela, è pubblico ministero alla procura di Milano. La sua stanza è al quinto piano, la numero 512 e lui è quasi sempre presente, non si è mai assentato eppure, nonostante siano trascorsi esattamente 7 anni, 8 mesi e 18 giorni, non è riuscito a scrivere le motivazioni di quella condanna. "Perché vuole sapere di questa sentenza? Io non posso parlare di cose di lavoro con i giornalisti", è la sua prima reazione. E quando obiettiamo che non si tratta di rivelare segreti relativi ad inchieste in corso e che chiediamo di sapere perché tanto ritardo, Pinatto abbassa il volume della radio che trasmette brani di musica jazz e risponde serafico: "Guardi, io non posso proprio dire nulla, se vuole ne parliamo dopo, quando finirò di scrivere la sentenza". Ma intanto sa che quei due mafiosi condannati, così come la moglie del boss Piddu Madonia, sono liberi? "Sì lo so, ma non è la prima volta, non sono il solo a metterci tanto tempo. Le scriverò fra alcuni mesi, appena smaltirò questi fascicoli che lei vede sul mio tavolo, e solo allora potremmo parlarne. Adesso mi lasci lavorare". La storia di questo processo, uno dei più lunghi della storia giudiziaria italiana, comincia nel dicembre del 1998, quando i carabinieri del Ros arrestano una cinquantina di mafiosi in tutta la Sicilia, tutti favoreggiatori e uomini di Bernardo Provenzano. Tra questi Giuseppe Lombardo, Carmelo Barbieri, Maria Stella Madonia e Giovanna Santoro, rispettivamente sorella e moglie del boss della Cupola, Piddu Madonia da anni in carcere dove sta scontando una serie di ergastoli. Il troncone nisseno, per competenza, passa al tribunale di Gela ed Edi Pinatto presiede la sezione che processerà i quattro imputati eccellenti, considerati esponenti di primo piano di Cosa nostra. Il 22 maggio del 2000, in tempi brevissimi, arriva la sentenza di primo grado. Edi Pinatto condanna Lombardo e Barbieri a 24 anni di reclusione ciascuno, Maria Stella Madonia a 10, Giovanna Santoro ad 8 ed altri a pene minori. Il magistrato avrebbe dovuto pubblicare i motivi della sentenza tre mesi dopo il pronunciamento. Non lo ha ancora fatto. Così nel 2002 tutti i condannati sono stati scarcerati per scadenza dei termini di custodia cautelare. Pinatto nel frattempo aveva ottenuto il trasferimento dal Tribunale di Gela alla procura di Milano dove attualmente lavora. Ma anche a Milano Edi Pinatto si è fatto la fama di "giudice lento" tanto da essere stato sollecitato dal capo del suo ufficio che gli ha contestato, per iscritto, il suo "basso rendimento" nelle inchieste milanesi di cui è titolare. Il presidente del Tribunale di Gela, Raimondo Genco ha segnalato da tempo la vicenda della sentenza fantasma al Csm ed al ministero della Giustizia. Convocato dal Csm nel giugno del 2004, Pinatto tentò di giustificarsi in qualche modo: "È certamente un caso scandaloso - ammise - ma non è il solo, ve ne sono altri". In quell'occasione Pinatto venne "condannato" dal Csm a due anni di perdita di anzianità. Ma delle motivazioni, anche in seguito, nessuna traccia. Due anni dopo venne nuovamente convocato per lo stesso motivo. "La pervicacia dell'omissione dell'incolpato - disse il rappresentante dell'accusa al Csm - è anche denegata giustizia" e una "stasi incredibile". L'accusa chiese alla sezione disciplinare del Csm di erogare la massima sanzione prima della rimozione, ma Pinatto se la cavò con altri due mesi di perdita di anzianità. Tutti i suoi colleghi pensavano che avrebbe provveduto, invece tutto è fermo, come otto anni fa. E i mafiosi? "Stanno qua, girano tranquilli per la città e - dice un investigatore di Gela - continuano a fare i mafiosi".

Tv, dopo polemiche e due rinvii ieri sera è andata in onda la fiction sul caso Campagna


Su RaiUno "La vita rubata", con Beppe FiorelloStoria di una ragazza innocente uccisa dalla mafia
Pietro Campagna con Beppe Fiorello
Dice Pietro Campagna, con gli occhi lucidi: "Questo film farà venire una coscienza anche ai mafiosi". Dopo un appello al presidente della Repubblica Napolitano, due rinvii, e un terzo chiesto dai magistrati di Messina, arriva lunedì su RaiUno La vita rubata di Graziano Diana, il film con Beppe Fiorello che ricostruisce la storia di Graziella Campagna, uccisa dalla mafia il 12 dicembre 1985. Aveva 17 anni, lavorava in una lavanderia: due clienti si presentano come l'ingegner Cannata e il geometra Lombardo, di Palermo. In realtà sono Gerlando Alberti junior (nipote di Gerlando Alberti senior, 'u paccarè, il furbo, braccio destro di Pippo Calò) e Giovanni Sutera, latitanti mafiosi. Da anni abitano in una villetta a Villafranca Tirrena, a due passi dalla caserma dei carabinieri. Graziella trova in una giacca documenti, forse un'agendina; segnerà la sua fine. La sera del 12 dicembre non sale sulla corriera che la riporta a casa. Due giorni dopo, il cadavere viene trovato a Forte Campone, uccisa con cinque colpi di lupara. Il fratello Pietro Campagna è carabiniere, non si è mai arreso, nonostante i depistaggi, l'indifferenza: sono passati 23 anni e il processo d'appello contro Alberti jr. e Sutera condannati in primo grado a trent'anni, ma poi scarcerati per decorrenza termini, si sta svolgendo a Messina: per il 18 è prevista la sentenza. "L'omicidio di Graziella è una bestemmia" dice Graziano Diana "Prima di scrivere il film, ho fatto un viaggio in Sicilia per conoscere Pietro e sono stato con lui a Forte Campone. Lì ho capito che questa storia andava raccontata".


Del caso si occupa Chi l'ha visto?, poi Carlo Lucarelli; l'avvocato Fabio Repici è al fianco della famiglia. Ora il film (interpretato da Larissa Volpentesta nel ruolo di Graziella, Guia Jelo, Federica De Cola, Carlo Mazzarella) andrà in onda: "Non mi sembra vero" dice Pietro Campagna "La prima volta che è stato sospeso, mia madre mi ha detto: "Anche col film se la sono presa, che gli ha fatto di male questa bambina?". Volevano che la storia rimanesse sepolta. Due giorni fa i magistrati di Messina hanno inviato una lettera per rimandare il film ma in questi anni non hanno mai puntato il dito contro gli insabbiamenti. Se c'è stato un primo processo dobbiamo ringraziare Chi l'ha visto?". Per il consigliere di amministrazione Nino Rizzo Nervo "la Rai ha fatto davvero servizio pubblico. È sbagliato pensare che un film o un'inchiesta possano influenzare giudizi in corso. Il film mostra una realtà che questo Paese ha voluto spesso dimenticare". Beppe Fiorello ha seguito Pietro come un'ombra: "Vorrei avere la sua forza. La vita rubata è la storia d'amore di una famiglia unita. Le riprese si sono svolte anche a Letojanni, dove vive mia madre, abbiamo girato a pochi metri dal cimitero dove riposa papà... Un succedersi di emozioni. La vita rubata è un omaggio a Graziella, al coraggio di Pietro e dei siciliani che non ci stanno più a essere considerati omertosi e mafiosi".

lunedì 10 marzo 2008

IL Sindaco di Gela Rosario Crocetta il 12 marzo diventerà cittadino onorario di Bucine

Il comune di Bucine, comunica che il giorno MERCOLEDI 12 MARZO alle ore18.00 nella seduta del


Consiglio Comunale aperto sarà conferita laCittadinanza Onoraria della Città di Bucine a


ROSARIO CROCETTA SINDACO DI GELA

per il suo impegno in favore della legalità e della trasparenza;per aver contribuito, in maniera chiara ed inequivocabile, asensibilizzare l'opinione pubblica e la politica, non solo a livelloregionale ma anche a livello nazionale, alla lotta a Cosa Nostra e alracket; per il suo impegno in favore dell'affermazione piena dei diritti civili e della laicità dello stato.

domenica 9 marzo 2008

Rifiuti: benvenuti all'inferno


La presenza in Campania di oltre 2.500 discariche, presenti da decenni, zeppe di rifiuti tossici industriali d’ogni genere evidenziano il dramma che gli abitanti di questa terra vivono e che assume sempre più le sembianze di una vera e propria apocalisse. Discariche su tutto il territorio, in particolare nelle zone della Terra dei Fuochi, nei comuni di Giugliano in Campania, Qualiano, Villaricca e del Triangolo della Morte, in quelli di Acerra, Marigliano, Nola, dove sono confluiti, grazie ad accordi intercorsi tra imprenditori senza scrupoli ed emissari della camorra, i rifiuti industriali del nord Italia. La regione trasformata, grazie alla compiacenza di una classe politica ed amministrativa, nazionale ed autoctona, inadempiente, incapace, a volte corrotta e collusa, nella più grande pattumiera a cielo aperto del sud Europa. Questo è l’aspetto più spinoso da affrontare sul territorio, i cumuli di monnezza e le tonnellate di metri cubi di percolato nerastro e velenoso che hanno infiltrato la falda acquifera risultano, ironia della sorte, essere un problema di secondo piano a fronte dello sversamento per anni sul terreno, nei fiumi, nei tombini aperti col piede di porco e quindi nelle fogne, nei campi di tonnellate di amianto, cobalto, alluminio, arsenico, milioni di quintali di sostanze tossiche e proibite. Le bonifiche, promesse e mai avvenute ed il passare del tempo hanno devastato, collassandolo, un territorio di pregiatissimo valore agricolo che prima viveva di primizie, di falanghina e turismo e sfiancato le popolazioni costrette a fare i conti con la diossina, i metalli pesanti, i fenoli e i pcb, con conseguenze imprevedibili e disastrose per loro la salute. Poche, ma autorevoli voci hanno denunciato con forza questo pericolo. Una di queste è quella del dott.Antonio Marfella, medico napoletano che esercita la sua professione presso l’istituto napoletano per i tumori Pascale. Il dott.Marfella, si è interessato dei pericoli derivanti dall’elevata percentuale di presenza nell’aria, ma anche negli alimenti, della diossina, sostanza che svolge un ruolo non secondario nell’insorgere di varie patologie: disturbi endocrini, disfunzioni del metabolismo, endometriosi, fino all’Alzheimer e al cancro. Per dare corpo e consistenza alla sua denuncia, il dottor Marfella si è sottoposto, a sue spese, ai test che rilevano i livelli di diossina nel corpo umano. Si è dunque rivolto al Consorzio Interuniversi-tario Nazionale La Chimica per l’Ambiente, che ha sede a Porto Marghera, e, per le controanalisi, ai Pacific Rim Laboratories, in Canada. Gli strumenti hanno riscontrato 74 pico-grammi di diossina per grammo, oltre 7 volte il livello base di riferimento in città industriali, che è di 10 pico-grammi per grammo. Per dare un’idea precisa del fenomeno ed una valida proporzione comparativa, basta ricordare i numeri della sciagura di Seveso. Il territorio fu suddiviso in due zone: la zona “A”, molto contaminata, e la zona “B”, poco contaminata. In zona “B” fu misurata una concentrazione massima di 39 pico-grammi, in zona “A” furono raggiunti e spesso superati i 50 pico-grammi, sempre per grammo di terreno. Al Dottor Marfella, come detto, sono stati rilevati 74 pico-grammi di diossina per grammo. Ed il dato sconvolgente di questa preoccupante situazione è quello che risalta nei valori delle analisi del dott. Marfella, che vive e lavora nel centro storico della città di Napoli. Questi valori risultano ben più alti rispetto a quelli che gli stessi laboratori hanno riscontrato negli organismi di Giampiero Angeli, che risiede a Castelvolturno, in pieno litorale Domitio, a mezzo chilometro dal luogo in cui, come numerose inchiesta hanno nel tempo accertato, sono stati illegalmente sversati e sepolti i fanghi tossici provenienti dagli impianti industriali di Porto Marghera e di Mario Cannavacciuolo, di Acerra, zona avvelenata dagli sversamenti abusivi di diossina effettuati dalla Pellini e dagli scarichi incontrollati della Enichem. Agli altri due uomini cavia che si sono sottoposti all’indagine, sono stati riscontrati 45 pico-grammi per grammo nel primo caso, 47 pico-grammi nel secondo caso. Gli esperti della Protezione Civile suddivisero I comuni campani per classi di rischio e la città di Napoli fu inserita nella fascia ad allarme meno elevato per l’evidente motivo che chi vive in città, non coabita con discariche illegali, come chi risieda ad Acerra, a Giugliano, a Villaricca o a Castelvolturno. Come si spiega, quindi, l’apparente contraddizione che si evidenzia dai risultati delle analisi?E’ lo stesso Marfella che fa chiarezza: “Stiamo parlando di una sostanza liposolubile e persistente, assunta per il 90% tramite la catena alimentare. Napoli si approvvigiona di frutta e verdura esattamente in quelle zone, un tempo agricole, prescelte dalle ecomafie per sversare i rifiuti o dove sono state aperte discariche legali e mal gestite”. E ancora: “Che la diossina ci arrivi direttamente in tavola, lo si poteva immaginare. Le mie analisi non fanno che dare sostegno a questa ipotesi”. “Urgono - conclude - interventi radicali”, in quanto “l’emergenza non è ormai solo di chi vive ad un passo dagli sversatoi, ma anche di chi consuma i prodotti coltivati nei campi limitrofi alle discariche illegali, a quelle mai bonificate e a quelle utilizzate dalle ecomafie”.Emblematico e preoccupante rilevare che, a tutt’oggi, non un solo laboratorio è presente sul territorio per testare la diossina nell’ambiente e nell’uomo.

AGRORINASCE AFFIDA ALLA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DI AVERSA LA PROGETTAZIONE DEL RECUPERO DELLA VILLA CONFISCATA A WALTER SCHIAVONE



La villa confiscata al boss Walter Schiavone

Agrorinasce e la Facoltà di Architettura di Aversa iniziano un importante rapporto di collaborazione per il recupero ad un uso sociale della villa confiscata al boss camorrista Walter Schiavone, destinata a diventare sede del “Centro Sportivo riabilitativo e per disabili”: alla Facoltà di Architettura, attraverso il Dipartimento Cultura del Progetto, è stata affidata la progettazione esecutiva e la direzione dei lavori di recupero della villa.«Si tratta di un accordo molto importante per tutto il territorio – afferma il direttore generale Giovanni Allucci – che è stato possibile grazie al finanziamento concesso dalla Regione Campania, Assessorato allo Sport, Turismo e Tempo Libero. È un accordo che permette di raggiungere un duplice obiettivo: concretizzare in tempi relativamente rapidi la realizzazione di una importante struttura sociale, utile a tutta l'area aversana, ed, allo stesso tempo, sensibilizzare l'opinione pubblica, in particolare i giovani dell'area, e le Amministrazioni Comunali sul recupero sociale dei beni confiscati alla camorra». Un forte impegno attende Agrorinasce e la Facoltà di Architettura, anche in considerazione sia dei notevoli danni che presenta la struttura, sia delle stesse dimensioni della villa confiscata, che sorge su un'area di 3.400 mq circa, con un immobile di tre livelli per complessivi 850 mq ed una piccola piscina esterna

FINANZIATA DALLA REGIONE CAMPANIA LA “CASA DON DIANA” IN UN BENE CONFISCATOALLA CAMORRA A CASAL DI PRINCIPE

La villa confiscata al boss Egidio Coppola

La Regione Campania finanzia il progetto presentato dal Comune di Casal di Principe, Agrorinasce e ASL CE2 della “Casa Don Diana: Centro di Pronta e temporanea accoglienza per i minori in affido” in una villa confiscata alla camorra in Casal di Principe che faceva riferimento al patrimonio di Egidio Coppola.«È un sogno che diventa realtà – afferma il direttore generale di Agrorinasce Giovanni Allucci – Per il decennale della morte di Don Peppe Diana avevamo predisposto questo progetto insieme all'Amministrazione Comunale di Casal di Principe, con il contributo dell'ASL CE2 e con il consenso di tutti i Comuni soci di Agrorinasce, pensando proprio a Don Peppe ed al suo impegno a favore dei minori e della legalità. Questo progetto è il risultato di straordinaria sinergia tra Agrorinasce, Amministrazione Comunale di Casal di Principe e ASL CE2. La Regione Campania e l'Assessora Incostante hanno creduto in pieno alla validità della nostra proposta».Il progetto, per un importo pari a 200.000,00 euro, è stato finanziato grazie ai fondi della legge regionale sui beni confiscati, gestito dall'Assessorato agli enti locali ed alla sicurezza urbana dell'Assessora Maria Fortuna Incostante. «Ogni anno - sottolinea il direttore Allucci - ben 350 bambini nella sola area aversana, che vivono un disagio familiare e sono in attesa di una famiglia per un affido temporaneo, hanno bisogno di tale struttura sociale. Le caratteristiche infrastrutturali del futuro Centro per i minori sono state definite di concerto con l'ASL CE2». «Ma in questo momento – conclude il direttore Allucci – il nostro pensiero va innanzitutto ai familiari di Don Peppe, alla Diocesi di Casale ed a tutte le persone che hanno creduto in lui e che in quest'ultimo anno hanno lavorato e partecipato al decennale della Sua scomparsa. Non vediamo l'ora di poter avviare i lavori ed inaugurare al più presto la struttura, ciò costituirà il nostro pensiero fisso per tutto il 2005».Agrorinasce, presieduta dalla dr.ssa Immacolata Fedele, vice prefetto aggiunto dell'Ufficio Territoriale di Governo di Caserta, continua il suo impegno nel rafforzamento della legalità e nel recupero ad uso sociale dei beni confiscati.Già tre i beni confiscati utilizzati ed in corso di utilizzazione, oltre alla citata Casa Don Diana, ci sono “L'Università per la legalità e lo sviluppo” – al cui interno sono localizzati gli uffici di Agrorinasce, lo sportello informagiovani e la biblioteca comunale – ed il recupero della villa confiscata a Walter Schiavone destinata a Centro Sportivo riabilitativo e per i disabili, la cui progettazione, in corso di ultimazione, è stata affidata alla Facoltà di Architettura di Aversa. «Nel futuro – conclude il direttore Allucci - ci saranno senz'altro altri progetti significativi di riutilizzo di beni confiscati, anche in Comuni limitrofi a quelli di Agrorinasce, con intese in parte già definite con il Ministero dell'Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – e che coinvolgeranno la Regione Campania».